The Orange Revival – Futurecent (Fuzz Club, 01/10/2015)

The Orange Revival – Futurecent (2015) @320The Orange Revival – Futurecent (Fuzz Club, 2015)

Questo disco trasuda magnifica ottusità Funhouse dalla prima all’ultima canzone. Ci può dispiacere? Nemmeno per sogno, perché l’urgenza visionaria dell’irraggiungibile quartetto di Ann Arbor non è plagiata e nemmeno riverita, semplicemente è re-inventata. I tre psych dudes svedesi la re-interpretano e se “Speed” ha le stesse identiche note, dinamica, profondità e spessore di “T.V. Eye”, l’episodio va considerato come un omaggio, quasi un campionamento, da sotterrare sotto montagne di riverberi, con sapori sonici ondivaghi a rincorrersi a rimpiattino, persi all’interno della camera d’echo.

foto lungaIl disco è purificato all’acquasantiera di Fuzz Club, ma sfugge al pericolo di omologazione, a un suono heavy psych che rischia di apparire ormai un logoro tentativo di una serie di artisti alla ricerca del suono dei loro riferimenti musicali. In questo lavoro una serie di brillanti intuizioni mischiano le carte sin dal ricorso alla produzione di Sonic Boom, già Spacemen 3 e Spectrum, grande dominatore e forgiatore della materia echo ossessiva.

12065708_1202457156438319_7475773891812404853_nL’album è stato registrato in un magazzino abbandonato, utilizzando strumenti musicali vintage degli anni ’60, i Casio degli ’80, fino al famigerato Tascam e quello che ne è venuto fuori è stato un suono ossessivo, sporco e sexy, con la pesantezza marchiata Stooges, drone da giorno del giudizio, batteria martellante come se le pelli fossero percosse, con bacchette infuocate, da un pastore apocalittico che annuncia la fine del mondo e una chitarra che sembra avere intrappolato l’ uragano all’interno della propria cassa. Sapori ipnotici, chitarre fuzzy, organo debordante, frammenti desert rock e stoner per un album di intensa, levigata e moderna psichedelia, che procede per accumulo stratiforme di suoni vicini alla forma libera, mantenendo, comunque, una precisa identità melodica anche quando l’improvvisazione sembra una nebulosa all’interno della quale gli strumenti rischiano di dominare l’elemento umano.

11141355_1097937726890263_8193554128848305329_nGli Orange Revival sono dei gran fighi e già con il loro album del 2011 “Black Smoke Rising” si erano imposti all’attenzione generale tanto da essere invitati a suonare all’ Austin Psych Fest, dove hanno deliziato gli astanti con la loro miscela sixties-psych. Il disco è molto bello. La canzone di apertura, intitolata “Saturation”, è una tagliente cavalcata space jamming, quasi a volere rincorrere le comete per addomesticarle a colpi di wah-wah. Appunto, saturazione. Dipende da voi psych head: se ne avete ascoltato tanto, probabilmente un altro heavy psych album vi dirà poco, piacevole e poco più. Noi ne abbiamo ascoltato ad libitum, ma ne siamo comunque entusiasti. Ci piace perderci nell’aurea di droning sognante ed ipnotico, di cerchi concentrici che viaggiano all’interno di una navicella spaziale alimentata a suon di groove.

Schoolboy Johnny Duhamel

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