Larry Niven/Stephen Barnes – The Descent of Anansi, 1982

the descent of anansi
Urania Mondadori n. 1188 del 18.09.1992. Illustrazione di Oscar Chichoni.

‘THE MARTIAN’. L’ultimo film di Sir Ridley Scott, ‘The Martian’, è stato, è sicuramente l’evento cinematografico dell’anno. Tratto da un romanzo scritto dall’esordiente Andy Weir, autodefinitosi un ‘nerd’ – ‘Ho visto ogni singolo episodio di Dr. Who,’ dichiara con fierezza – e autentico caso letterario per la grande popolarità acquisita dopo essere stato in un primo momento distribuito gratuitamente e solo in formato e-book, il film ha rilanciato un grosso interesse da parte dei media e del pubblico nei confronti del tema dell’esplorazione dello spazio.

Caso mediatico, del resto conosciamo le dinamiche di Hollywood e i miracoli che possono fare la pubblicità e le attività di sponsoring, che del resto costituiscono le principali modalità anche di profitto e di vero business, il film racconta le avventure di un astronauta, Mark Watney, che isolato sul pianeta Marte, come un novello e fantascientifico Robinson Crusoe, si ingegna allo scopo di sopravvivere e di richiamare a sé le attenzioni della Nasa per essere salvato e ritornare sulla Terra.

Chi lo ha letto, chi ha letto il romanzo di Andy Weir, e io lo ho fatto in tempi non sospetti, converrà che non ci troviamo esattamente al cospetto di un capolavoro della letteratura del genere. Sebbene vada riconosciuta a Weir una certa abilità nell’aver cercato di definire nella maniera più verosimile possibile una spedizione su Marte, è altresì indubbio che il romanzo in sé sia appena sufficiente. Mark Watney è una specie di McGyver, il popolare personaggio televisivo degli anni ottanta; gioca con gli esplosivi, è sicuramente ingegnoso, ma nel film non viene affrontata e approfondita nessuna tematica tipica della letteratura di genere che, nelle sue massime espressioni, si spinge sicuramente oltre l’elemento puramente ‘scientifico’ delle vicende narrate.

RITORNO ALLO SPAZIO. Eppure va dato merito a Andy Weir e a Sir Ridley Scott, of course, conseguentemente ad Hollywood, perché no, di aver rilanciato con grande sostanza il tema dell’esplorazione dello spazio e in particolare quello dell’esplorazione del pianeta rosso, Marte. Secondo alcuni, i soliti votati alle conspiracy theories, non sarebbe stato neppure casuale l’annuncio della presenza d’acqua su Marte praticamente in concomitanza all’uscita del film delle sale. Una decisione presa di comune accordo tra la Nasa e Hollywood, che meriterebbe, chissà, di essere un giorno approfondita e sviscerata proprio sul grande schermo in una trasposizione cinematografica d’inchiesta. Poco importa del resto se sia tutto vero oppure casualità, ne uscirebbe comunque fuori una bella storia.

Il tema del resto, quello dell’esplorazione nello spazio, era già d’attualità in qualche modo nel nostro paese, in Italia, dove Samantha Cristoforetti diventava la prima donna europea nello spazio e in qualche modo assumeva anch’essa, tra le critiche inspiegabili di alcune figure del gossip del nostro paese, le dimensioni inedite per il nostro paese, se consideriamo il settore scientifico, di fenomeno di costume e popolare. Un modello finalmente positivo. Secondo me. Così che, ne consegue, pure l’attenzione dedicata al nuovo film di Ridley Scott potrebbe essere in qualche modo qualche cosa di positivo se considerata in questi termini. Della serie: diamo ai giovani degli astronauti come modelli da seguire. Magari non tutti diventeranno degli astronauti, sicuramente, ma se pure uno su mille oppure uno su diecimila sognasse veramente così intensamente lo spazio, ne sarebbe comunque valsa la pena. Al di là dell’intrattenimento. Ovvio. Che quando parliamo di cinema oppure di letteratura costituisce sempre e comunque un tema fondamentale.

LA DISCESA DI ‘ANANSI’. Il fatto è che l’esplorazione dello spazio e più in generale lo sviluppo scientifico sono questioni che in qualche modo dovrebbero sempre tenere banco nella società in cui viviamo. Lo sviluppo scientifico dovrebbe essere un patrimonio della collettività e per quanto mi riguarda, questo non può essere scisso da quella che è la ‘politica’, intesa nel senso di assumere e compiere delle scelte. Scelte che devono essere compiute dalla classe dirigente, ma anche e soprattutto dalla collettività che sempre di più oggi, nascondendosi talvolta dietro quella che appare una cieca critica alle istituzioni, commette sovente un vero e proprio atto di rinuncia e finisce per inerzia con il delegare a pochi.

In qualche modo, è anche questo il tema trattato da questo breve romanzo di fantascienza scritto da Larry Niven e Steven Barnes nel 1982, ma così attuale nei contenuti e pure dettagliato scientificamente, nei limiti delle possibilità ‘spaziali’ (nel senso proprio di pagine e di spazio narrativo a disposizione), che potrebbe essere benissimo stato scritto oggi.

‘The Descent of Anansi’, questo il titolo originale dell’opera, nasce come una spy-story industriale e si sviluppa come una vera e propria avventura ambientata nello spazio con i caratteri tipici del thrilling e con la pretesa neppure troppo accentuata anche di dipanare, con lo spiegarsi della trama, tematiche scientifiche e sociali.

Al centro delle vicende, vero protagonista della storia, è la Falling Angel, una stazione scientifica in orbita sulla Luna che decide di diventare autonoma dalla casa-madre, gli USA, e al contempo si propone di acquisire una propria autonomia e indipendenza economica e finanziaria commerciando la propria principale scoperta scientifica, un cavo di metallo particolarmente resistente, e la cui offerta sul mercato raccoglie l’interesse inevitabile delle più grosse compagnie del pianeta Terra. La storia, conseguentemente, si sviluppa sull’interesse di una delle compagnie di mettere le mani in maniera illegale sulla importante e costosa scoperta scientifica della stazione orbitante, mediante un attacco terroristico. Un’offensiva che tuttavia non troverà impreparata quella che sarà l’eroica resistenza coraggiosa e intelligente dell’equipaggio della navetta (‘Anansi’) deputato alla consegna del cavo sul pianeta Terra, in un succedersi di azioni e suspence degno della migliore fantascienza del genere.

FALLING ANGEL. Il tema principale tuttavia dell’opera, a mio parere non adeguatamente approfondito dai due autori, e questo è il più grosso rammarico per chi si troverà a leggere questo breve romanzo, è quello relativo la questione della lotta per l’indipendenza della stazione orbitante Falling Angel dal governo centrale degli Stati Uniti. Sin dalle prime battute del romanzo, è evidente che la scelta avviene per motivazioni di natura ideologica. Gli USA infatti non si dimostrano adeguatamente interessati al progetto e dopo l’entusiasmo iniziale, la stazione è stata in qualche modo lasciata al proprio destino. Poco è l’interesse delle autorità, ma altrettanto fredde si rivelano anche le altre parti della società, gioco forza maggiormente interessate a quella che è la loro vita sulla Terra e quella che Giorgio Gaber avrebbe definito come, ‘la miseria della nostra sopravvivenza quotidiana.’

Qual è la vera funzione di Falling Angel? Praticamente è una stazione scientifica con un potenziale praticamente sconosciuto, perché è impossibile ricreare le stesse condizioni in una normale situazione di gravità, al pianeta Terra e per la sua sola esistenza, centro di incontro e di scontro tra alcune tra le menti più brillanti prodotte dal nostro pianeta. Eppure questo progetto finisce con il rivelarsi in qualche modo troppo costoso, sconveniente e prossimo all’abbandono, salvo poi ritornare al centro di uno scontro tra colossi economici in virtù dell’interesse che scaturisce da una delle loro scoperte. Chi sono quindi gli scienziati che abitano la stazione? In bilico tra la figura di idealisti, una specie di nuovi rivoluzionari dello spazio, e quella di affaristi e interessati al solo profitto finanziario, vengono presentati dai narratori più che altro come degli avventurieri. Una visione secondo me realistica data la scomodità, le difficoltà inevitabili cui viene sottoposto chi è soggetto a trascorrere un periodo di lungo termine nello spazio. Condizioni che rendono impossibile scindere la figura dello scienziato da quella dell’avventuriero e che in qualche modo riconsegnano alla scienza quel ruolo di ‘frontiera’ che fisicamente non assume sin dai tempi delle scoperte dei grandi navigatori quattrocento oppure cinquecento anni fa.

VEROSIMIGLIANZA. Da qui il carattere verosimile che attribuisco a questo romanzo, per lo meno per quanto riguarda le premesse e quelli che costituiscono gli intrecci tra i diversi interessi finanziari e economici, persino morali delle parti in causa. Aspetti che passano eppure in secondo piano, perché il lettore è costretto, si perde in quella che è la trama più tipicamente d’avventura e che vede Thomas De Camp e i suoi due compagni d’avventura, in quello che è del resto una specie di manage a trois, confrontarsi con dei pericolosi terroristi ‘pirati dello spazio’ e discendere verso la Terra a bordo della loro navetta vittima di un sabotaggio, dispiegando il cavo come un ragno la tela e traendo in questo inspirazione dalla sempre utile antica mitologia greca.

Il fatto è che non è verosimile, neppure oggi, a distanza di più di trent’anni dalla pubblicazione di questo romanzo, ipotizzare che una colonia spaziale di qualsiasi tipo possa in qualche modo essere del tutto indipendente oppure slegata dal pianeta Terra. Questo non può accadere solo per tematiche di tipo politico oppure legate alla sicurezza; questioni di tipo finanziario. Che cos’è una colonia, infatti, se non per definizione una ‘meta d’appoggio’, qualche cosa di temporaneo, un avamposto allo sviluppo in tutte le sue forme e modalità della specie umana. Pure lontano chilometri e chilometri dal pianeta Terra, l’uomo resta, è comunque un animale sociale e questa sua caratteristica lo porterà sempre e comunque – per definizione – a cercare e ricercare l’incontro e lo scontro con i suoi simili. Una ricerca che è una necessità e del resto l’unica vera ragione della prosecuzione della specie e con essa dello sviluppo scientifico.

Quotes.

1. Nato nel 1968 a Ma’ad, Giordania, aveva frequentato l’università di Amman e si era occupato di politica radicale. Era entrato per la prima volta nel mirino dell’Interpol nel 1987 con il bombardamento dell’OLP di una sinagoga israeliana. Subito dopo era entrato nei movimenti segreti, emergendo in Afghanistan come trafficante d’armi, e a Baghdad come killer. A Parigi aveva chiesto appoggio finanziario per una nuova organizzazione, il Fronte Attivista Unito Musulmano. Affermando di rappresentare gli interessi degli arabi, aveva ottenuto l’appoggio di molte fonti; alcuni parlarono dei forti interessi dell’OPEC. Era anche sospettato di essere dietro agli atti terroristici più audaci degli anni novanta.

Si sapeva che aveva ottenuto una massa notevole di plutonio e che aveva piani per ricattare una nazione occidentale, molto probabilmente gli Stati Uniti. Questa notizia riuscì a trapelare, e il braccio esecutivo della commissione delle Nazioni Unite sulle Limitazioni Nucleari si era precipitato sul suo quartier generale a Edmonton, Alberta. Capeggiata dall’RMCP, l’operazione era stata un completo successo, il plutonio era stato recuperato e l’organizzazione terrorista era stata sgominata. Solo Hoveida era riuscito a scappare.

Hoveida sapeva che una delle tre persone lo aveva tradito. Tutti e tre erano suoi grandi amici. Dato che non era in grado di determinare chi fosse il traditore, fece l’unica cosa possibile: li uccise tutti e tre.

Da quel momento Hassan Ali Hoveida fu conosciuto come ‘l’uomo che non aveva amici’.

2. Isolata dalla Terra e in possesso di un ambiente unico per la preparazione di un vaccino contro la pestilenza, la Falling Angel aveva accettato la sfida. Topi, pulci, sangue e tessuto umano infetti erano stati spediti nelle orbite lunari tramite degli shuttle. Centinaia di topi si erano ammalati ed erano stati studiati, sezionati, reinfettati e fatti morire. Era stata estratta la pestilenza da soluzioni di sangue con dei campi elettrici. Il processo, l’elettroforesi, non poteva essere usato in campo gravitazionale perché il calore portava la convenzione nel fluido, contaminando o distruggendo la materia biologica.

La Falling Angel forniva un altro vantaggio. Ed erano i risultati di questo vantaggio che ora Stonecypher guardava con malcelata irritazione. – Dottor Quinn, sembra che abbiate catturato i roditori erranti.

Quinn scosse il sacchetto di plastica. Si udì il rumore delle pallottole di pelo ghiacciate che sbattevano l’una contro le altre, come delle meringhe. – Ciò che è rimasto, certo.

3. – Se Anansi ce la fa, può farcela anche il cavo.

4. L’istinto di sopravvivenza lottava con la necessità di combattere. Strike Leader arrivò a un compromesso: coprì il foro con un braccio, mentre il fucile sputava fuoco nell’altro. Le casse scoppiarono in una cascata di plastica e metallo. La nuvola di cristalli di biossido di carbonio si dissolve, finché non rimasero brandelli di vapore congelato.

Strike Leader si rese conto che stava ancora perdendo aria. Gli usciva anche dalle orecchie; era come se vi fossero state conficcati dei picconi di ghiaccio. Usò due braccia per bloccare la perdita, troppo tardi. Il suo corpo cercò di espandersi come una mongolfiera: una pressione irresistibile nella pancia, nelle budella e nei polmoni. I suoi sfinteri non resistettero a quella massa d’aria, all’esplosione di vomito schiumoso sul visore. Ma cercò di trattenere il respiro. I suoi istruttori gli avevano detto che era un errore. Se ne ricordò quando gli scoppiarono i polmoni.

5. – Sono più bravo con le cose che con le persone, Janet. Non c’è nessun colpevole tranne me stesso. – Strinse il braccio di Marion. – Non posso biasimarti, Janet è… una gran donna. Probabilmente al tuo posto avrei fatto la stessa cosa.

– Oh, ma è ridicolo – disse stizzito. – Non saresti mai in grado di uscire con una donna solo qualche volta. Vorresti una cosa più seria, come hai sempre fatto.

Thomas aprì la bocca, e Janet lo zittì. – Aspettate un attimo, che cos’è questa, terapia di gruppo a 200.000 piedi?

– Perché no? – chiese Marion. – Mancano ancora sei ore, e siamo appesi qui come un ragno ambzioso. La psicoanalisi può essere divertente.
Janet sembrò fare fatica a trovare le parole. – Oh, al diavolo. Tommy, Marion, vi devo delle scuse. Forse volevo tutti e due qua con me.

– Perché?

– Perché odio fallire, dannazione.

@sotomayor

Immagine: Urania Mondadori n. 1188 del 18.09.1992. Illustrazione di Oscar Chichoni.

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