The Cult Of Dom Keller – Goodbye To The Light (Fuzz Club, 22/07/16) ITA

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Sarebbe fuorviante etichettare The Cult Of Dom Keller come Heavy Psych Schorcers. Questo loro terzo album è caratterizzato da trame ipnotiche macchiate di sapori gotici, un suono che non disdegna concessioni e intuizioni carsiche care a Pink Floyd e soluzioni post punk percorse dal genio dei Joy Division.

Il quartetto delle Midlands sceglie la via impervia della sperimentazione piuttosto che il facile consenso dell’Heavy Psych a tutti i costi che, dopo anni di riproposizione, rischierebbe suonare scontato alle orecchie dei più.

Si sono dedicati alla costruzione di questo suono con un’attitudine quasi monastica, spirituale, con dedizione e senza distrazioni. Hanno accentuato la parte mantrica ed esasperata quella dronica realizzando un’opera sorretta da arabeschi di tastiere minimali, discrete e intense.

images2A volte, come nell’apertura di “Hole In The Whole”, si è trasportati su saliscendi emozionali di echo liquido e suoni seriali, armonie vocali sognanti, quasi paradisiache, memori della lezione di Ian Curtis, con improvvise soluzioni crudeli di fuzz guitar, mastodontiche, brevi e incandescenti, in coda alla canzone.

The Cult Of Dom Keller possono fare un sacco di rumore, è risaputo, ma se devo indicare il mood di questo lavoro, allora devo ammirare il coraggio dei rischi presi realizzando una serie di canzoni affascinanti che agiscono a livello spirituale piuttosto che provocare headbanger come conseguenza alla violenza dello spessore del rumore. Un suono liquido e ipnotico, un’esperienza che quasi ti circuisce in modo subdolo, un mantra che ti avvince dolcemente come il canto delle sirene nel quale è piacevole perdersi.

index“Broken Arm Of God” è letteralmente piena di fuzz guitar. Una vera e propria architettura fuzzy. Fuzz stratiforme, oltre la saturazione, corde che quasi vibrano al solo contatto con l’aria. La band ha confessato che, in questo pezzo in particolare, stavano cercando di suonare come un vulcano in procinto di eruttare una bomba atomica e il basso e le chitarre erano talmente esasperati da rompere tre ampli in un solo pomeriggio.

La batteria è piena di effetti, quasi irreale, in lontananza ma presente, sospesa e pesante, ossimori percussivi funzionali alla realizzazione di un suono capace di mutare in modo sinuoso e ammaliante. A volte, quando è più metallicamente monocorde, sembra quasi ascoltare la vecchia Doktor Avalanche dei Sisters Of Mercy. Le chitarre non sono, in linea di massima, ingombranti, anche se sempre presenti, simili a un ghepardo rannicchiato nella Savana, in attesa di spiccare il balzo sulla propria preda. Chitarre discrete, lancinanti, di note esasperate, quasi allungate, circolari ma sempre collocate disciplinatamente, con precisione di geometria estrosa, nel quadro generale di una musica profondamente indirizzata alla scansione delle parti più intimamente oscure e profonde dei nostri esseri.

cult-dom-keller-1443919413Il sentimento di fondo del disco è quello di una brillante potenza interiore, trattenuta, come se potesse implodere, in qualsiasi istante, in un flusso sonoro di consapevolezza, moderatamente ossianico e capace di scalfire la corazza dell’ascoltatore attraverso un processo maieutico, stimolando sensazioni che sarebbero rimaste sopite se sottoposte al solito assalto sonoro terapeutico.

Voto: 8/10

Schoolboy Johnny Duhamel

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