
‘Mini Album Thingy Wingy’ è il nuovo disco dei Brian Jonestown Massacre. La band di Anton Newcombe ha rilasciato il disco in un’occasione speciale, cioè il tour in Australia e Nuova Zelanda, il ‘Silver Jubilee Tour’ che celebra i venticinque anni di attività.
Poliedrica al solito è l’attività di Anton Newcombe, un artista che come ha egli stesso dichiarato ‘just want to be relevant’, e che per quanto mi riguarda ci riesce benissimo. Reduce da un tour con Tess Parks nella vecchia Europa e dalla pubblicazione a inizio anno di ‘Musique de film imaginé’, l’uscita di questo nuovo mini album era già stata anticipata nei mesi scorsi nel corso di un’intervista dove Anton annunciava il tour nel più ‘nuovo’ dei continenti e che il disco avrebbe suonato più come nella tradizione del sound della band.
Le cose stanno così, anche se voler dare a questa band una qualche definizione di ‘genere’ è attività pretenziosa e che può facilmente indurre in errore. La verità infatti è che dopo avere sperimentato e continuare a sperimentare sonorità sempre più nuove, i Brian Jonestown Massacre sono essi stessi divenuti iniziatori di un vero e proprio genere, una nuova fase della musica psichedelica. La band di Anton Newcombe fa infatti storia a sé e al massimo, perché no, possiamo considerare questa come la band più influente tra quelle attualmente in circolazione.
Iniziatore di un movimento neo-psichedelico che ha raccolto e continua a raccogliere proseliti oramai sulla faccia del mondo intero, Anton si cimenta a questo giro con sperimentazioni anche linguistiche, peraltro non nuove per questo collettivo. ‘Prsi Prsi’, scritta con Vladimir ‘Vlado’ Nosal, musicista e regista che vive attualmente a Praga, è la prima canzone dei Brian Jonestown Massacre in lingua slovacca. Inevitabile in questo caso avvertire nel suono dei richiami a contesti di tipo mitteleuropeo e ‘bohemienne’.
Tutte le parti del disco sono per la verità state registrate direttamente dallo stesso Anton presso il suo studio a Berlino tra il 2014 e i primi mesi del 2015 e mixato da Fabien Leseure. Rilevante e degna di interesse la collaborazione con Alex Maas dei Black Angels nella cover di ‘Dust’ dei 13th Floor Elevators del vecchio Roky Erickson, che del resto è una delle principali influenze storiche della band. Come Brian Jones, il cui faccione su sfondo rosso (oppure grigio, a seconda del formato scelto) domina imperioso sulla copertina dell’album.
Le influenze nel suono dei Brian Jonestown Massacre tuttavia non vanno come detto ricercate in un unico contesto. Sin dalla traccia che apre il disco, ‘Pish’, è evidente questo interesse e richiamo, peraltro radicato nella musica psichedelica, per le sonorità orientali già tipicamente Stones o comunque sixties. Non vi è tuttavia auto-referenzialità, né lo specchiarsi a est in inutili richiami di tipo barocco, oppure una semplice e sola volontà di rendere qualche tipo di omaggio in quello che è il suono di questa band. Anton Newcombe e i suoi compari si muovono infatti attraverso la strada tracciata nel corso della storia dall’uomo. Rimettendo insieme i pezzi di quella che fu la Torre di Babele e incamminandosi su di una strada, attraverso quello che è un percorso ideale compiuto dall’uomo milioni di volte nel corso della storia e che rese celebre le imprese di quello che fu il più grande conquistatore della storia, Alessandro Magno da Pella, la antica capitale del regno di Macedonia distrutta da un terremoto e nota sotto i Bizantini e gli Ottomani con il nome di ‘Santi Apostoli’. Se proprio dovessi trovare una definizione per il suono dei Brian Jonestown Massacre allora per tutte queste ragioni e per molte altre ancora che sono sicuro salteranno fuori durante l’ascolto di questo dischetto, direi: ellenista. Nella tradizione più cosmica della definizione. Una dimensione sonora riconoscibile e ancora di più perfezionata a partire da ‘Aufheben’ (2012) e che ti fanno ascoltare e riascoltare tracce come ‘Mandrake Handshake’ oppure ‘Leave It Alone’ in quello che definirei un vero e proprio trip spazio-temporale.