“Fall” apre l’album ed è una dichiarazione d’intento. I pedali della chitarra sono settati alla ricerca dell’universo interiore, viaggio esotico diretto all’anima nuda, intuizioni usate da Pere Ubu, che collidono con suoni di batteria siderurgica, a disegnare un tappeto ossessivo che forma la cornice capace di contenere l’infinito silenzio dilatato e rumoroso.
La successiva “Instrument” è magia di pantera dinoccolata che procede sul ghiaccio sottile della fono sfera canonizzata dai riverberi dei Suicide. Imitazioni di sequenze avvolgenti e ovattate trattengono puntiformi note di chitarre di ghiaccio trattenuto. Suoni di scultorei, a volte fantasma, ma sempre risolutamente definiti.
Il terzo disco dei Suuns è enigmatico e meticoloso, un suono sezionato, quasi analizzato, procede in poderose suite che sembrano confutare gli assunti enunciati nelle precedenti elaborazioni. Sono canzoni di ammaliante psichedelia, austera e fredda con sconfinamenti nel misticismo sonico. Sentimenti ascetici pieni di sensualismo asessuato, dove la distinzione tra suoni organici ed elettronica perde di ogni significato. L’esplorazione maieutica che rifugge dal minimo rischio di risposte arroganti, un vortice discendente nel profondo equilibrio di forze contrastanti, lo Yin e lo Yang che si interfacciano all’interno di un suono liquido, evocativo, metal machine music opportunamente scomposta in mercurio liquido proteiforme, raccolto e versato in undici contenitori a decantare, per costringerlo nella forma / canzone, piena di introspezione e richiami all’attitudine pompeiana.
Canzoni registrate al Congleton Studio di Dallas dove il quartetto canadese si è ritrovato per registrare sotto l’egida di John Congleton, che aveva in precedenza contribuito a forgiare suoni vincitori di Grammy, come pure prove convincenti di St. Vincent e War On Drugs, tra gli altri.
Musica ossessiva, foriera di paranoia compressa e grigia, raccontata con la soavità di progressioni minimaliste, assurde, di qualsiasi moderno compositore. Minimalismo ossessivo, che pure deraglia placidamente dalle partiture originariamente previste, costruzione di universi senza speranza, pieni di dissonanze e ansiosi di cedere le armi, voci di gente in procinto di affogare, finte slide, richiami a suoni dilatati anelanti a derive spaziali.
Suoni in presa diretta, brillantemente catturati senza over dubbing, con i musicisti, lontani dall’atmosfera divertente e rilassata delle sale canadesi, intenti a svolgere qualcosa di simile ad una missione. Quasi i Suuns sentissero l’esigenza di un cambiamento che li portasse fuori dal loro elemento naturale e rassicurante, qualcosa che li galvanizzasse consentendo di giungere al suono oscuro, minaccioso, maestoso, impressionista / impressionante, ossessivo e liberatorio.
Lo spettrale blues elettronico di “Nobody Can Save Me Now” resta sospeso nell’aria torbida per un periodo che sembra interminabile, carico di elettricità statica ed errabondi singulti chitarristici. Prosegue per sottrazione teorizzando un suono scheletrico, con echi di moderna chitarra hendrixiana a sorreggere la bellezza silenziosa che gli si dipana attorno. Sentimenti accennati, non definiti per non turbare l’immaginazione dell’ascoltatore, una meraviglia abbozzata, quasi congelata nel ronzio dell’elettrodomestico.
Questo disco trova la voce di Ben molto più enunciata e in anticipo rispetto a prima. Se ci sono temi che legano “Hold / Still” insieme, sono senz’altro le indagini sul sesso, che probabilmente non agiscono in maniera specifica, focalizzandosi su alcuni temi di natura sessuale, ma scandagliano anche un sottofondo spirituale che punta a un altro tipo di ricerca. Il sessuale è illustrato nel romanzo oscuro ‘attento’, mentre il desiderio diventa sia sessuale sia spirituale nei motivi assetati di ‘strumento’.
Un’opera pienamente riuscita che richiede un ascolto attento ed è fantastico perdersi assorti nella ricerca di questo impossibile splendore geometrico, lasciandosi cullare da note contraddittorie di arditi estremi che si completano in un turbinio di esperienze karmiche dove la parola “ossimoro” perde ogni significato.
Voto: 9/10