Stanley Brinks and The Wave Pictures – My Ass (Fika Recordings, 14/11/2015)

Stanley Brinks and The Wave Pictures – My Ass (2015) @201

Stanley Brinks è Andre Herman Dune, che fin dal 1999 ha fatto parte degli Herman Düne, band deliziosa formata con il fratello David Ivar Herman Düne, e con Neman Herman Düne, batterista svizzero.

E’ evidente che i tre erano dei gran mattacchioni e chissà se i due sono veramente fratelli. Poi qualche Düne è uscito, il cognome è stato mutato in Dune e c’è stata una impollinazione con gli altri buontemponi che rispondono al nome di The Wave Pictures.

Tutti gli artisti coinvolti in questi progetti incestuosi hanno una voracità musicale quasi bulimica e le loro collaborazioni sono talmente strette e frequenti che sembra opportuno parlare di un vero e proprio collettivo, composto da musicisti che hanno imparato a suonare sui dischi di Jonathan Richman con un occhio all’attitudine sardonica dei Kinks, persi nella lo-fi music contrappuntata da clarinetti e flauti impenitenti.

index2Gli arrangiamenti si sviluppano seguendo lo stesso canovaccio, con Stanley che parte, moderno menestrello, ed i Wave Pictures che seguono dipanando l’intreccio strumentale à la Richman. La batteria è una idea ovattata, le chitarre sono scheletrici profumi di note insistenti e conficcanti, a volte possono sembrare opache , ma risplendono di luce interna, magnifica. Spesso gli assolo possono dare l’impressione di essere interminabili, ma sempre piacevolissimi. Le melodie vocali sono da spaccare il cuore talmente belle ed i cori precisi e puntuali che dopo le prime due canzoni si capisce benissimo il punto in cui faranno il loro ingresso.

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L’iniziale “My Camel” è una specie di “Egyptian Reggae”, con sapori caraibici meno evidenti, ma con altrettanto mistero. “With My Chin” ha un piglio quasi exotica con refrain di flauto dolce, e contrappunto di chitarra molto, molto meno che minimale. Le parti di basso sono spesso suonate dalle chitarre con squisito gusto.

Gli arrangiamenti sono meravigliosamente storti, come se Brinks e Wave Pictures fossero affascinanti pittori, dalle parti di Montmartre, a disegnare per i turisti domenicali, usando la tavolozza di acquarelli di Paul Klee, ma con lo stile di Egon Schiele.

Se “Back To My Island In The Sun” ricorda moltissimo il maestro Jo-Jo, episodi come “Berlin” e “Love Me Too” sembrano filastrocche rette da impressioni di percussioni e chitarre sull’orlo dell’accordatura con voce e cori vicini alla rottura per l’emozione.

“Goodbye My Love” è la canzone che più si avvicina alla forma rock ballad, risoluta ed intensa, con Brinks che abbandona per un attimo le aspirazioni jazz retro-futuriste sempre pronte a fare capolino nel resto del disco.

imagesNonostante abbia abbondantemente superato i 40, i suoi testi parlano ancora di amori finiti, nuovi innamoramenti, birre, patatine, pubs, alcune volte un poco malinconici, ma con un sentimento di fondo di divertimento che pervade tutta l’opera come fosse una cicala felice che pensa solo a vivere il momento incurante del domani.

Bravo Stanley Brinks, ha realizzato un disco spensierato e bellissimo, che non potrà mancare nella vostra collezione.

Johnny Duhamel

Spotify: https://play.spotify.com/album/1xhMPIM9tQyvz3lhrtVSDX?play=true&utm_source=open.spotify.com&utm_medium=open

#stanleybrinks

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