
Quando quattro anni fa è uscito ‘Barfly’ (Fire Records), il ritorno dei Rocket From The Tombs appariva quasi una boutade. Oltre che essere la reunion più improbabile e imprevedibile della storia del rock’n’roll ovviamente.
Ebbe vita breve questa band negli anni settanta. La parabole dei Rocket From The Tombs (RFTT) durò all’incirca otto mesi, prima che i diversi componenti del gruppo prendessero ognuno la propria strada che poi porterà alla formazione di due delle band più importanti nella storia della musica wave americana, i Dead Boys e soprattutto i Pere Ubu di David Thomas. Che poi era stato il fondatore dei Rocket From The Tombs unitamente al compianto Peter Laughner, deceduto nel 1977 a soli 24 anni a seguito di una pancreatite acuta. Peter era molto amico di Lester Bangs, con cui condivideva diverse passioni in comune, tra cui quella per la garage music, e che lo considerava un musicista e uno scrittore di canzoni di grande talento e che volle ricordarlo con un celebre articolo su Creem che lo introduce pressappoco così: ‘This is a magazine created by rock writers about rock musicians for rock fans, and Peter was all three.’
Comunque dopo aver pubblicato nel 2002 la raccolta ‘The Day the Earth Met the Rocket from the Tombs’, la band si riunì brevemente con l’aggiunta di Richard Lloyd (Television) alla chitarra solista e questo per poi riprendere a pieno ritmo le attività a partire dal 2010. Tutti questi episodi sembravano essere degli eventi isolati, eppure con questo nuovo disco, ‘Black Record’, che esce sempre per l’etichetta Fire Records, la band registra il secondo album di inediti in studio nel giro di quattro anni. Niente male per dei vecchietti terribili insomma.
Alcuni brani riprendono l’approccio più teatrale tipico di un interprete geniale quale David Thomas (‘Waiting for the Snow’, ‘Spooky’ ) mentre altre si contraddistinguono per suonare più marcatamente garage e rock’n’roll, come ad esempio ‘Welcome to the New Dark Ages’, ‘Hawk Full of Soul’. ‘Sonic Reducer’ e ‘Read It And Weep’ sono due brani di repertorio della band tirati a lucido per l’occasione mentre ‘Strychnine’ è una cover dei Sonics. Un’altra band che, guarda caso, proprio quest’anno è ritornata a pubblicare un disco ed è in qualche modo tornata sulla cresta dell’onda, dopo decenni, dimostrando di avere ancora qualche cosa da dire.
Come giudicare questo lavoro? A me viene in mente una scena dal film ‘Blues Brothers’. Parlo del secondo, quello brutto, quello lì uscito nel 1998 con John Goodman e Joe Morton. Alla fine del film i Blues Brothers sono a New Orleans e partecipano alla ‘Battle of the Bands’ presso la dimora della strega voodoo Queen Moussette (Erykah Badu), dove dovranno gareggiare contro i fantomatici Louisiana Gator Boys di Malvern Gasperone (aka B. B. King) e di cui fanno parte tra gli altri Bo Diddley, Eric Clapton, Isaac Hayes e Dr. John. Prima di suonare, i componenti di tutte e due le band definiscono l’altra come, ‘Quei vecchi cariatidi’, dimostrando invero dopo a se stessi e agli altri di avere ancora dentro quel sacro fuoco che brucia. Forse i loro anni migliori sono alle spalle, probabilmente questo disco non è indimenticabile, ma francamente ascoltandolo non sembra proprio che David Thomas e compagni intendano gettare la spugna.