
Quanto vale veramente il cosiddetto, ‘Made In Italy’. Probabilmente è una domanda retorica. Sicuramente ci saranno bene degli economisti che potrebbero rispondere e argomentare a sufficienza questa questione che è sempre centrale quando si parla della situazione economica del nostro paese.
Del resto, che dire, se da una parte è chiaro che questa argomentazione venga adoperata in modo quasi pretestuoso, dall’altro si possono fare facilmente un paio di osservazioni e per questo senza ricorrere a studiosi del settore. L’Italia è per lo più un paese di piccoli, al massimo medi imprenditori, artigiani, liberi professionisti. Ditte individuali. In molti casi, mi riferisco in particolare a quelle che sono le ‘eccellenze’, il valore del marchio e di quello che chiamiamo Made in Italy è per forza influente. Ma questo non vale solo per i prodotti, siano questi di natura alimentare oppure ad esempio per quello che riguarda il mondo della moda. L’Italia è infatti essa stessa un vero e proprio ‘marchio’. Qualche cosa che si vende e si continuerà a vendere sempre e comunque..
C’è comunque una forte contraddizione anche tra quella che è la realtà italiana nel suo complesso e come appare il Made in Italy nel resto del mondo. Che se viene considerato e percepito come eccellenza, da un’altra parte viene pure percepito come lusso sfrenato. Scialo. Una visione che non rispecchia, è evidente, la realtà delle cose. Una iperbole.
Ma l’esagerazione anche è sempre stato un cavallo da battaglia, oltre che un marchio di fabbrica, del Made in Italy. Qualche cosa che in determinati casi si ritiene e considera pure strategicamente utile. Un esempio banalissimo è quello che riguarda il settore automobilistico che alle tipiche utilitarie di marca Fiat, ha sempre affiancato linee che hanno dettato legge in materia di stile a livello internazionale. Alfa Romeo, soprattutto Ferrari, Lamborghini, Maserati.
Toh. Maserati. Sicuramente deve essere stato anche il fascino esagerato del marchio della azienda produttrice di automboli sportive di Bologna (e che proprio l’anno scorso ha festeggiato i cento anni dalla sua fondazione) a ispirare non solo il nome, ma anche le sonorità di questa band. Oppure. Se non possiamo parlare di ispirazione, sicuramente possiamo ritrovare nel sound tipico di questa band, originaria di Athens, Georgia (USA), quello stesso gusto per lo sfarzo, la fastosità che ha reso celebre il marchio Maserati.
Una ostentazione che, diciamolo, accomuna comunque molti tra coloro che furono definiti e si definirono come ‘post-rock’ e un gusto che più che derivare dalla no-wave, ritengo abbia delle origini che vadano ricercate in quella musica progressive che ebbe il suo momento di gloria negli anni settanta. Evidenti in particolare quelli che sono i richiami pinkfloydiani che non sono casuali, se consideriamo che Coley Dennis e Mike Albanese abbiano per anni suonato in una cover band dei Floyd.
Parliamo comunque in questo caso di una band che è in giro già da una quindicina di anni e di cui gli appassionati sanno praticamente tutto. Sono stati definiti come post-rock (appunto), space-rock, dance, ambient. Tutte definizioni che messe tutte assieme ritengo possano comunque dare una definizione al loro suono, che oramai è un marchio di fabbrica e che probabilmente con questo disco si è ancora di più personalizzato.
A questo giro i Maserati hanno effettivamente fatto tutto da soli. Una scelta che hanno maturato sul campo e che ha costituito anche una opportunità per ogni componente del gruppo di mettersi alla prova e sperimentarsi anche con l’apporto di una nuova strumentazione. Praticamente: un rinnovamento, sebbene nel segno della continuità.
Il risultato è questo disco, Rehumanizer (Temporary Residence Limited) che alla fine costituisce un episodio sicuramente interessante e degno di attenzione, a prescindere da quelle che sono le proprie preferenze musicali.
La musica dei Maserati è evidentemente influenzata non solo dalla musica progressive, un gusto evidente dal suono della batteria e del suono delle chitarre elettriche. Il suon del disco è quasi metallizzato, ti fa pensare a quel disco geniale che fu ‘Trans’ di Neil Young e altri artisti tipicamente anni ’80 come Gary Numan oppure John Foxx. Solo che i Maserati si sono spinti ancora più oltre. Del desto essi si definiscono dei nerd e degli appassionati di cinema horror e di fantascienza. Inevitabile a tratti pensare al maestro John Carpenter, vedi ‘No Cave’ oppure ‘Montes Jura’, che secondo i miei gusti sono i brani migliori del lotto, quelli dove la band riesce a esprimersi senza divagare a perdersi in inutili ornamenti e artifizi che sono secondo me dannosi alla riuscita del progetto finale.
Influenze evidentemente kraut-rock sono riscontrabili in tutto il disco, nella già citata ‘No Cave’ e soprattuto in ‘End of Man’, abbiamo anche una voce robotica che ti fa per forza pensare ai Kraftwerk. Influenze che rimarcano un certo gusto sci-fi della band di Athens. Un interesse peraltro evidente sin dalla copertina, chiaramente vintage e fantascientifica. Disegnata dall’illustratore John Harris, questa ci mostra un alieno umanoide con gli occhi rossi uscire fuori da quella che ha tutte le apparenze di essere un’astronave. Sullo sfondo, abbiamo un panorama che potremmo definire tipicamente marziano. Nel cielo arancione brillano poche stelle che illuminano un triste e desolato paesaggio desertico. Dove regna, su tutto, la musica spaziale dei Maserati.
A proposito di fantascienza, si è parlato di loro anche come possibili collaboratori alla redazione della colonna sonora del seguito di ‘Blade Runner’, possibilità smentita dalla stessa band, che ha chiaramente ammesso che ove la proposta fosse stata vera, avrebbero immediatamente aderito al progetto.
Difficile dare un giudizio equilibrato su questo disco e più in generale su questa band. Questo perché la parola ‘equilibrio’ richiama alla moderazione e in questo caso qui siamo invece di fronte a qualche cosa di esagerato, di spaziale appunto. Come per quello che riguarda il Made in Italy, molte volte non ci sono vie di mezzo: prendere oppure lasciare. Non lo so. Ho pensato a un’opera sicuramente pretenziosa e che per questo fu una grande incompiuta e rapidamente finita nel dimenticatoio, la collaborazione tra Lou Reed e i Metallica. Che dire. Per molti era inascoltabile. Io trovo che al suo intorno vi fossero alcuni dei testi migliori mai scritti da Lou Reed. Solo che… Voglio dire che secondo me delle volte ricercare un compromesso non è per forza un’idea sbagliata. Se no puoi restare comunque quello che sei e alla fine magari diventare un’icona, come la Maserati.