
Questo dischetto è uscito quasi in sordina e non ha raccolto tutte le attenzioni che avrebbe meritato. Eppure la pubblicazione di ‘Array 1’ (Atp Recordings) sotto certi aspetti costituisce una specie di evento, trattandosi del primo materiale inedito dei Loop a vedere la luce in venticinque anni.
Dopo le defezioni degli altri componenti storici della band, Scott Dowson, John Willis e Neil Mackay, che pure avevano preso parte alla reunion del 2013, Robert Hampson ha rimescolato le carte e in maniera quasi inattesa si è chiuso in camera di registrazione con dei nuovi musicisti, nella specie Dan Boyd (chitarra), Hugo Morgan (chitarra-basso), Wayne Maskell (batteria), e ha dato alla luce questo EP, che ripropone prepotentemente le sonorità soniche di una delle band più potenti dell’ondata britannica a cavallo tra la fine degli anni ottanta e i primi anni novanta.
‘Array 1’ è un piccolo gioiello e molto più di quello che se non sarà data continuità alla pubblicazione della band, potrebbe apparire come un evento isolato e quasi decontestualizzato storicamente da quella che è la storia del gruppo. Non è così invece, perché il suono dei Loop è ieri come oggi quanto più attuale e del resto possiamo riconoscerne il lascito e le evidenti influenze in un mucchio di band che oggi vanno per la maggiore e penso in particolare a quello che definirei il ‘Fuzz Club sound’.
Robert Hampson ha sempre avuto una visione della psichedelia tutta sua particolare e ben definita. Guardando con un certo sospetto alle sonorità più eteree e sognanti della psichedelia ‘leggera’ degli anni sessanta-settanta, con i Loop rivoluzionava il sound del genere e apriva le barriere a un suono più cosmico e di derivazione kraut-rock. Sonorità che sono peraltro riconoscibili in due tracce come ‘Coma’ e soprattutto ‘Radial’, una lunghissima sessione di diciassette minuti di sonorità noise e elettriche che in continuo crescendo, in un impazzimento di convulsioni cosmiche mandano praticamente in palla l’ascoltatore.
Evidente al contempo l’influenza mai nascosta da Hampson degli Stooges e in particolare nella traccia di apertura, ‘Precession’, dove la band suona con quella furia tipicamente ‘raw power’ e mostra tutte le venature heavy-psych che costituiscono il marchio di fabbrica della casa, mentre ‘Aphelion’ apre nuovi orizzonti allargando a sonorità più ossessive e mantra carichi di energia elettrostatica.
Mi viene in mente una frase di Federico Fiumani, che dice, ‘Io non sono più vecchio di chi comincia adesso.’ E nessun’altra dichiarazione sarebbe probabilmente più adatta a descrivere questo disco. Permane questo fascino assoluto per la pazzia, di cui Robert Hampson subisce il fascino misterioso e parliamo del resto di un’attrazione mistica che in fondo, sotto sotto, abbiamo tutti quanti. Qui, con questo disco, basta una mezz’ora per uscire completamente fuori di testa.