Gemma Ray – The Exodus Suite (Bronze Rat Records, June 10, 2016) ITA

Gemma Ray - Exodus Suite ARTWORKGemma Ray è l’ultima pretendente al trono di regina delle tenebre e del pop eccentrico, con alla tracolla una borsa piena di suggestioni cinematiche, effluvi di Nino Rota, “Your Funeral My Trial” in loop” nell’iPod, aspersioni di fango del Mississippi e seducenti chitarre, quasi sempre cariche di riverbero tremolante, come se Link Wray si fosse perso nei minacciosi boschi di Twin Peaks.

In “There Must Be More Than This” scomoda fantasmi di Crime & City Solution tanto che quando canta “There must be more” evoca il buon Simon Bonney che declama “It must be love”. Il lavoro è prodotto da Ingo Krauss, che ha lavorato in passato con gli stessi Crime & City Solution,  Einsturzende Neubauten e Jamie LidelI, e procede con uno stile debitore alla poetica da sala di registrazione di Mick Harvey. La successiva “The Original One” definisce gli umori di fondo del disco con percussioni lontane di grancassa e timpani, cariche di effetti remoti, voce supplicante che esorcizza le atmosfere sospese tra un Tom Waits in codeina e quello che sembra, consapevolmente o meno, la vera fonte d’ispirazione dell’opera e che ha nome e cognome ingombranti, Lady Nancy Sinatra.

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“Ifs & Buts” sembra rubata alla colonna sonora di “Kill Bill” e fotografa l’album col suo stile western, Lee Hazelwood che innervosisce il vecchio Blue Eyes. E’ eccitante con la voce che duetta con la spooky guitar, emozioni rarefatte, tecnica raffinata che ha attirato le attenzioni del vecchio santone Jimmy Page.

Il suono è stato catturato dal vivo, nei Candy Bomber Studios, presso il Tempelhof Airport di Berlino, nel tentativo, riuscito, di congelare la sua naturalezza ed urgenza nella bellezza delle imperfezioni del suo spessore quasi solenne.

Certamente solenne è “We Are All Wandering” che procede scheletrica supportata a suoni Wurlitzer, strumenti sussurrati, percussioni a volte solo suggerite, quasi ectoplasmi, per poi affluire, simile a un giovane ruscello in un fiume progressive le cui acque bagnano “Fragile” e “Close To The Edge”.

6a00d834716b0769e201675faeb621970bBatterie elettroniche o finto elettroniche introducono “Hail Animal”, disegnata con colori psichedelici, corde di chitarra accarezzate come da David Gilmour nei momenti meditativi di Pompei, inno alla egemonia della natura, quasi a voler ribadire la possibilità di diversi stile di vita e che forse non è il migliore dei mondi possibili.

“The Switch” è Gary Cooper in High Moon che cammina risoluto accecato dal sole, il cappello distante dagli occhi, Ennio Morricone che organizza il tutto e quando si sente il fischio, non può non venire in mente Alessandro Alessandroni. “Shimmering” è imperlata di esoterismo, quasi supplichevole nel suo donarsi all’ignoto ed impreziosita da avare note di chitarra che imbastiscono cori inquietanti nascosti nell’anima delle umane esistenze.

index“Caldera, Caldera!” è smaccatamente Nick Cave, ma più che un plagio sembra un omaggio, supportata da insistenti e sbarazzine note di organo, eterea e risoluta, con una chitarra errabonda e intermittente a impreziosire il dipinto sonoro eseguito con colori rubati alla tavolozza di Wim Wenders.

E’ un album che sembra nutrire la propria bellezza con la paura, un viaggio introspettivo di luce nera, accecante, diretto verso il profondo dei nostri cuori per suggerire vie di fuga o tentare la salvezza delle nostre anime.

Voto: 7,5/10

Schoolboy Johnny Duhamel

Bandcamp

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