
UNA SCI-FI MADE IN ITALY. In generale questo è un tema particolarmente dibattuto. Cioè se esista una fantascienza Made in Italy, nel senso se si può riconoscere oppure identificare un filone letterario di autori del genere nel nostro paese. Si ritiene infatti a torto o ragione che la letteratura di fantascienza in Italia non abbia mai attecchito più di tanto per quello che riguarda l’interesse dei lettori e che di conseguenza non si sia mai creato un movimento del genere. Che comunque è sempre rimasto parte di una specie di sottobosco e questo anche a causa del fatto la fantascienza sia considerata una specie di genere minore nel campo della letteratura e come tale per forza impedito a quella che può essere una sua esplosione in termini di interessi e di riscontri sia di critica che di pubblico.
Sicuramente nessun autore italiano ha mai raggiunto le vette che finora competono solo a appartenenti alla letteratura anglosassone, ma il fatto che la fantascienza in Italia non abbia mai trovato terreno fertile tra i lettori, né appassionati, secondo me è qualche cosa di storicamente falso e che andrebbe invece riconsiderato ampliando il discorso a tutta quella che è l’attenzione alla letteratura e alle pubblicazioni in generale. Senza voler per forza puntare il dito su un genere in particolare, quello fantascientifico, che invece nel nostro paeseha comunque sempre avuto un suo numero di appassionati e questo non solo per quello riguarda la letteratura. Ma anche il cinema. Al di là di quello degli anni sessanta, dove autori di spessore si cimentarono con il genere e affrontando al contempo anche tematiche tipiche degli anni del cosiddetto ‘dissenso’, tra questo il mio preferito è sicuramente ‘Il seme dell’uomo’ del grandissimo marco Ferreri, non va dimenticato il ruolo svolto negli anni seguenti da diversi cineasti, come Antonio Margheriti, Enzo G. Castellari, Lucio Fulci, che cercarono coraggiosamente nel tentativo di rilanciare il cinema di fantascienza in Italia e pure spesso facendo fronte a una mancanza di mezzi pari a quella di loro colleghi statunitensi ad esempio.
Come sempre, è difficile tracciare una linea di demarcazione esatta tra quella che è la verità oppure no delle cose, ma è anche vero che spesso quello che conta e in particolare in questo caso, sono le percezioni generali. Il fatto è che questo mito probabilmente è destinato a rimanere tale anche negli anni a venire, soprattutto se consideriamo quella che si ritene essere una crisi generale dell’editoria e che probabilmente è destinato a subire ancora e ancora dei grossi cambiamenti forse pure imprevedibili dato il continuo avanzare dello sviluppo tecnologico.
URANIA E IL PREMIO URANIA. Abbiamo già parlato delle pubblicazioni della collana Urania e di come questa abbia contribuito pesantemente a formare intere generazioni di appassionati al genere fantascientifico, costituendo praticamente con tutta una serie di pubblicazioni periodiche, una presenza costante e per questo un valido punto di riferimento cui attaccarsi.
Quella che si è formata attorno a queste pubblicazioni è nel tempo divenuta una speice di comunità. Urania ha fatto cultura e proseliti e come è inevitabile, molti degli appassionati sono poi col tempo diventati anch’essi degli scrittori di fantascienza e questo in un ciclo che se questa pubblicazione, come mi auguro, continuerà nel tempo, è destinato a non spezzarsi. Così, dal 1989 per rafforzare ancora di più il legame con i lettori e gli appassionati, ma a questo punto anche con gli scrittori del genere, Urania ha indetto il cosiddetto ‘Premio Urania’, con il quale la collana specializzata pubblicata da Mondadori premia ogni anno un romanzo italiano inedito. Una vincita che poi consiste nel riconoscimento più importante per uno scrittore e in particolare se questo è esordiente: la pubblicazione dell’opera all’interno della collana.
Numerosi gli autori italiani più o meno conosciuti dagli appassionati che nel corso degli anni si sono aggiudicati il premio. Tra questi, Valerio Evangelisti e Giovanni Dde Matteo, Alberto Cola, Maico Morellini, Paolo Aresi, Francesco Verso. Che poi sarebbe uno dei cinque ad aver vinto il premio due volte unitamente a Fabriani, Altomare, Costantini e tra questi proprio Francesco Grasso, l’autore di ‘Ai due lati del muro’.
L‘AUTORE. Siciliano, nato a Messina nel 1966, Francesco Grasso è ingegnere elettronico e vive a Roma, dove lavora presso l’Agenzia per l’Italia digitale, oppure AgID, che poi praticamente sarebbe un’agenzia pubblica che svolge le funzioni e i compiti necessari a perseguire quella che sarebbe l’informatizzazione e l’innovazione tecnologica all’interno delle strutture della pubblica amministrazione, per ovviamente meglio favorirne l’utilizzo e il facile accesso da parte dei cittadini e delle imprese. Manco a dirlo: nel rispetto della legge. Sebbene l’autore si sia cimentato anche con generi diversi, il suo cavallo di forza, quello che in qualche modo gli ha permesso di farsi conoscere e poi pure di vincere la prima volta in particolare il Premio Urania, è quello della fantascienza cyberpunk.
A differenza di altri autori del genere, in particolare quelli anglosassoni (guardando ai cosiddetti ‘maestri’), le ambientazioni delle storie di Francesco Grasso sono per lo più collocate in Italia e spesso queste affrontano a loro modo tematiche che hanno segnato di volta in volta la struttura societaria del paese in cui viviamo. Meno cerebrale e se vogliamo ‘difficile’ di William Gibson e con un approccio meno spirituale, profetico e ‘radical’ di Philip K. Dick, in questo romanzo intitolato ‘Ai due lati del muro’ e con il quale Grasso ha vinto per la prima volta il Premio Urania nel 1991, vengono da subito anticipate, trattate delle tematiche tipiche di conseguenza per quello che riguarda il genere cyberpunk, che del resto nel nostro paese raggiungeva proprio in quegli anni il punto culmine della sua diffusione come culto presso gli appassionati.
Parliamo, è evidente, di una fase anteriore a quella della nascita di internet e della diffusione del world-wide-web e di una società, quella italiana di inizio anni novanta, scossa al contempo dalle novità che venivano da quella bomba che fu ‘Tangentopoli’ oltre che dalla fine della guerra fredda, il crollo del muro di Berlino. Intanto sul piano sociale gli anni ottanta erano stati al solito particolarmente difficili. Passati gli anni della contestazione, vi era il principio di quella che poi sarebbe diventata una consuetudine e un ritorno alla chiusura in se stessi. Questo mentre le grandi città si espandevano e le campagne e i piccoli centri lasciavano spazio a quartieri periferici e in molti casi degradati. Gli anni ottanta sono stati probabilmente anche quelli del boom della droga, dico: del consumo di eroina, nel nostro paese, forse più che i settanta, e questo non è casuale. Tutte tematiche che comunque possiamo in qualche modo riconoscere all’interno di questo romanzo e il cui protagonista, Giulio Damiani, è del resto anch’egli italiano e come se non bastasse ingegnere elettronico, proprio come lo stesso Grasso.
LA TRAMA. La storia raccontata da questo libro si può idealmente dividere in tre parti, che se vogliamo possono costituire idealmente tre momenti diversi della vita di un individuo. Nella prima parte, Damiani, svuotato da tutti i suoi ricordi, si risveglia in una realtà virtuale che riproduce gli ambienti carcerari delle ambientazioni tipo quelle di Alcatraz. Damiani è stato condannato per stupro e omicidio, che non ricorda di avere commesso, e in realtà non è neppure consapevole di trovarsi all’interno di una realtà virtuale. Non ci metterà molto tuttavia a recuperare alcuni dei suoi ricordi e dopo aver realizzato di trovarsi in una dimensione virtuale, decide di dover scappare dal carcere e anche da quella dimensione. Ci riuscirà al termine di una fuga rocambolesca e che finirà anche amaramente per diversi motivi.
Ritornato alla realtà e riacquistato il controllo delle sue funzioni, Damiani è deciso a farsi giustizia e a scoprire di conseguenza chi lo abbia mandato in carcere e perché. Grazie all’aiuto della intraprendente Greta e successivamente del gruppo dei ‘Bad Cluster’, nel quale reincontrerà anche il suo stesso fratello e con il quale aveva oramai perso ogni contatto da tempo, riuscirà nel tempo a rimettere assieme ai pezzi. Il sistema virtuale nel quale era stato rinchiuso, SIMJAIL, costituiva un progetto ideale della sicurezza nazionale e deputato in teoria a allegerire i tempi della durata delle pene dei carcerati grazie a una incongruenza tra il tempo reale e quello della realtà simulata. La cosa tuttavia per mille interessi di più parti è sfuggita da ogni controllo. SIMJAIL nella pratica si è trasformata in un incubo e Giulio Damiani, che aveva capito come stanno le cose (il sistema era stato inventato da sua moglie, che era stata eliminata perché ostile alla piega che stavano prendendo le cose) era praticamente stato incarcerato a tempo indeterminato.
I Bad Cluster si definiscono come liberi pensatori e spiriti erranti. In bilico tra la figura di un teppista e quelli che potrebbero essere degli idealisti, questi vivono rubando e saccheggiando ciò che gli serve e conducono un’esistenza border-line, praticamente a reietti della società, ma che ritengono libera e senza nessuno sfruttamente da parte dei diversi organi di potere. Assunto il nome di battaglia di Cayennna, Giulio Damiani deciderà di diventare uno di loro per vendicarsi. Una scelta irrimediabile e che compie anche perché consapevole a questo punto che non esista alcuna differenza tra quella che viene definita esistenza reale e il mondo virtuale in cui era stato rinchiuso. L’unica cosa che conta, ritiene, è il libero arbitrio e la necessità di dare un senso alla propria vita facendo quello che sente di dover fare e seguendo le proprie attitudini.
L’ELEMENTO FIABESCO. Qui mi sbilancio. I Bad Cluster chiaramente hanno tutti quanti delle caratteristiche tipiche di quelli che sono gli eroi, anzi gli anti-eroi, del genere. Il cyberpunk nasce come una specie di sottocultura del resto, i suoi rappresentanti sono delle figure che hanno tutte quante un lato oscuro e sono per lo più passate attraverso esperienze traumatiche. Che possono essere semplicemente vicissitudini drammatiche oppure più spesso quelle che sono delle violenze di diverso tipo, fino a diventare praticamente menomazioni, alterazioni della struttura corporea oppure cerebrale.
I Bad Cluster, nella varietà dei suoi componenti, raccolgono praticamente tutti i clichè del genere. Così come se vogliamo rappresenta un must anche la figura di Greta, che è una donna bellissima e avvenente e abile nella pratica delle arti marziali e nella guida della motocicletta. Un modello comunque di donna indipendente e che come tutti i personaggi del genere, ha delle caratteristiche che travalicano ogni pensare comune più tradizionalista.
Eppure la figura più interessante del lotto è proprio quella del protagonista, cioè Giulio Damiani. Egli non ha nessuna menomazione e sebbene abbia una vendetta da compiere, egli ha in qualche modo quello che si potrebbe definire un più facile accesso al libero arbitrio. Damiani non è obbligato a divenire un Bad Cluster. Ha vissuto anche lui un’esperienza difficile, certo, ma non è un reietto della società e anzi attraverso la vendetta, lui può più facilmente ottenere una riabilitazione all’interno delle strutture sociali e il giusto riconoscimento. Ed è a questo punto, proprio qui, che arriva quello che considero un parallelo tra Damiani e una delle figure classiche della letteratura fantastica, cioè il solito Peter Pan.
Se i Bad Cluster sono una specie di ‘bimbi sperduti’, Damiani infatti è sicuramente Peter Pan. Entrato nel gruppo, questo subisce da subito il suo carisma e quella che appare essere la sua autorità. Naturalmente non ne diviene il capo, ma è lui a guidare la spedizione ed è lui che decide, come detto, arbitrariamente di entrare a far parte del gruppo. Così come Peter Pan a un certo punto della sua storia, decide di smettere di volare e di passare a quello che è il mondo reale.
Giulio Damiani percorre al contrario quella che è stata la scelta di Peter Pan, ma stabilire chi tra tutti e due scelga di vivere in un mondo reale oppure no è difficile. Probabilmente anzi, quella che potrebbe apparire una scelta e una presa di coscienza discordante, alla fine coincide nell’unica cosa che conta. Cioè entrambi assumo delle responsabilità verso se stessi rompendo però da quella che è la comunità in cui sono vissuti fino a quel momento. Resta da domandarsi se si può, cioè se si possa allo stesso tempo essere considerati responsabili e fuori da ogni logica della società che ci circonda, ma a cosa servono gli antieroi se non a comportarsi al di là di ogni logica e essere fuori dagli schemi.
Quotes.
1. A colpi di piccone, i prigionieri avevano aggredito la roccia, frantumato faticosamente lo strato superficiale, e scavato un anfiteatro profondo nel ventre della collina. Il terreno della cava era costellato da massi di ogni dimensione, durissimi e acuminati, capaci di distruggere a poco a poco le caviglie e immensi monoliti intorno ai quali i detenuti, come brulicanti formiche, si affaccendavano con mazza e piccone, in un susseguirsi ininterrotto di colpi che riempivano la valle di suoni squillanti.
Solo verso sera, i guardiani decisero di interrompere il lavoro: ordinarono ai prigionieri di raccogliere gli attrezzi; poi distribuirono dell’acqua. Gli uomini stanchi e con le labbra spaccate dalla sete si gettarono sulle borracce come animali, con disperazione, mentre i sorveglianti osservavano la scena soddisfatti. Attesero quindi l’arrivo dei carri che dovevano ricondurre tutti al penintenziario.
Damiani si sdraiò sulla schiena, distrutto. Seduto su un masso poco distante, Cayena masticava del tabacco e scioglieva le bende con cui si era protetto le mani.
– A che serve tutta questa ghiaia, Cayenna? – ansimò. – Stanno costruendo una strada da qualche parte? Devono farci la massicciata di
un ponte, oppure hanno solo intenzione di allargare le mura del carcere.
Il vecchio lo squadrò con l’aria di superiorità tipica di chi ha più esperienza.
– Niente di tutto questo. Alla fine della stagione, una o più squadre di detenuti raccoglieranno il risultato del nostro lavoro, lo caricheranno sui carri, e lo getteranno dalla scogliera; dal primo all’ultimo sasso. L’anno prossimo, attaccheremo un’altra collina. Geniale, no?
– Cosa? Ma è assurdo. Mi stai prendendo in giro, non è così?
– Guardi le cose dal punto di vista sbagliato, pivello. Questo è un sistema eccellente per tenere occupati gli uomini tra una stagione delle pioggie e l’altra: non ha altro scopo. Ricorda, niente di ciò che un detenuto fa deve risultare utile, e nulla deve dargli soddisfazione. Questa è la filosofia del carcere a vita.
2. – DAMIANI!! – gridò. – Cristo, non funziona! Che succede?!
Cercò di afferrare la spalla del compagno, ma invano: le sue dita strinsero solo l’aria. Damiani lo guardò, gli occhi colmi di pietà.
– Fino all’ultimo ho sperato di sbagliarmi, Cayenna, ma vedo che non è così, purtroppo. Non puoi lasciare quest’isola: tu non sei una persona reale, non sei vivo. Fai parte della simulazione: i tuoi ricordi, i tuoi sensi di colpa, la tua voglia di libertà, tutto ciò che sei fa parte del mondo inventato da chi ha creato il programma.
Il vecchio cadde in ginocchio, il viso terreo. Urlò disperato:
– No! No, non può essere! Dimmi che non è vero!
– Mi dispiace, amico, è così: non potrai fuggire.
Il corpo di Damiani sbiadì e scomparve: fu come se non fosse mai esistito. Cayenna restò in ginocchio, solo e immobile, i pugni ancora colmi di inutile sabbia azzurra.
Sempre più vicini, risuonavano i latrati dei cani: stavano arrivando.
3. – Il signor Smith dice che lei è un truffatore napoletano da quattro soldi, che teme di star perdendo il suo tempo.
– Io sono di Avellino! – ribatté Marraro, seccato. – Che si studi la geografia italiana, quel pallone gonfiato.
4. – Ero completamente soggiogato dal professore, terrorizzato ma anche assurdamente coinvolto nella sua ossessione: avrebbe potuto chiedermi qualunque cosa e io avrei obbedito ciecamente. Ero fuori dalla realtà.
“Senza esitare, ci collegammo al sistema e lanciammo il programma: non accadde nulla. Per me fu quasi un sollievo, per Veralli fu un colpo pesantissimo. Non volle darsi tregua; rimase incollato l’intera notte al terminale per controllare le procedure di DEEPCOM, certo che si trattasse di un errore nella programmazione. Ricordo che gli occhi mi si chiusero molto dopo mezzanotte. Scivolai nel sonno senza riuscire neppure a sdraiarmi, e sognai.
“Mi svegliai sentendo le sue braccia scuotermi: gridava, gli occhi sbarrati luccicanti per l’eccitazione… <<… una ragazza bionda di nome Alessandra.>> dieva <<Siete in barca a vela sul lago, fa molto caldo; lei indossa un bikini bianco…>>>
“Io pensai che fosse impazzito; poi mi resi conto che stava descrivendo la scena che avevo appena sognato. Non poteva sapere il nome della mia ragazza, né il suo aspetto.
“Gli chiesi se avessi parlato nel sonno e lui mi lanciò uno sguardo allucinato. <<Non con la bocca, ragazzo.>> disse <<Non capisci ancora? Il sistema funziona! Siamo noi che non riusciamo a utilizzarlo consciamente, non più di quanto un sordo dalla nascita sappia usare le proprie corde vocali. Ma il tuo subconscio ha già trovato il modo.>>
5. – Ricordi ciò che ti ho detto una volta sui mondi reali e quelli possibili, su come è difficile distinguere ciò che è concreto da ciò che non lo è, sul fatto di non poter mai essere certi di vivere un’esistenza reale?
– Sì, sì… ma che c’entra questo?
– Ho continuato a pensarci, e sono arrivato alla conclusione che nessuna realtà sia più concreta di un’altra: sono tutte illusioni, fantasmi che non hanno consistenza maggiore di quella che noi stessi attribuiamo loro. Non so se riesco a spiegarmi… io cercavo le risposte sbagliate, Greta, quelle che non significano nulla. La verità è che ogni uomo ha diritto e l’obbligo di vivere la realtà che preferisce, creandola con le proprie mani se ne è capace, ma anche raggiungendola con altri mezzi e, perché no, anche plasmandola con le droghe se ne ha voglia. Io sbagliavo, Greta: volevo giudicare a tutti i costi invece di accettare che ogni realtà, ogni scelta di vita ha in sé la medesima dignità. Non ha senso chiederci da quale parte dello schermo viviamo, se siamo procedure nella memoria di una macchina: questo lo decidiamo noi in ogni momento,elodimostriamo al mondo diventando protagonisti e padroni delle nostre azioni e della nostra esistenza. Il resto non ha importanza. Capisci cosa voglio dire?
La donna scosse la testa. – Non del tutto, e non capisco perché me lo stai dicendo.
– Perché io ho deciso di cambiare realtà: non mi interessa più essere Giulio Damiani. Lui è un professore, un uomo di scienza, ha fama e successo, ma non è adatto all’azione né alla vendetta, ed è questo che mi interessa ora. Giulio il criminale evaso, Giulio il Bad Cluster violento e sanguinario: ecco la realtà che voglio vivere.