Doug Tuttle ha trovato la propria identità lungo il sentiero dell’apologia dello Psych Pop più evoluto ed evocativo, quasi un processo filologico / maieutico / di attualizzazione delle sensazioni / tentazioni Paisley Underground. La rivitalizzazione che realizza è di gran classe, simile ad un aggiornamento del culto Pop dei ‘60s, con eleganti pennate di chitarra pezzate dal sole ed accarezzate da discrete brezze marine.
Jingle jangle sound con le foto dei Byrds impigliate tra le corde della chitarra e Simon & Garfunkel a fare capolino nei paesaggi pastorali disegnati con frequente ricorso a flauti e fiati vari imitati da synth mai invadenti.
Il ragazzo del New Hampshire evita il nervosismo e l’ansia d’amore del primo disco omonimo uscito nel 2013, focalizzando la propria attenzione su atmosfere oniriche, che si sviluppano attraverso morbidi paesaggi, sferzati dal sole, a creare lo straniamento psych indotto dal pop fratturato, a tratti inquietante, straniante.
Il lavoro è stato scritto a Somerville, MA all’inizio dello scorso anno con in mente una serie di riferimenti soft rock inglesi a partire dai 10 c.c. mentre, soprattutto negli episodi maggiormente strutturati su coordinate tipicamente rock, il trattamento delle chitarre rimanda allo stile di Richard Thompson.
E’ un caleidoscopio di fumi pigri, misteriosi ronzii, armonie ossessionanti ed incrollabili che creano un album adornato di gioiellini sonori. Doug Tuttle sembra rilassarsi, quasi perdersi, nel suo nuovo ruolo di songwriter memorabile e garbato, desideroso di mostrare il suo intero bagaglio sonoro e di dissonanze, deliziandoci con gli aspetti più intimi e fragili del processo compositivo e d’introspezione.
“Make Good Time” è disorientante, con una spruzzata di epicità che ricorda lo stupore West Coast dei ‘70s, con jangle sound e voce sognante, mellotron e flauti in lontananza disegnano arazzi bucolici, quasi un raga maestoso e minimale memore delle esperienze più mistiche dei Byrds.
“These Times” ha un piglio marcatamente lisergico con tessiture che s’irrobustiscono a sfiorare la forma rock immaginata, sorretta da chitarre moderatamente muscolose, quasi a ricordare l’urgenza del debutto.
“Saturday-Sunday” è una brillante cavalcata spaziale che rincorrere i fantasmi pinkfloydiani persi nell’Universo.
Un disco dal fascino innegabile, immerso nella grandezza dei suoni del passato, creati con ricorso a strumenti d’epoca. Un pop di aperta e spensierata psichedelia, suoni cristallini e melodie accattivanti, inframmezzati da ritornelli irresistibili. Un album non solo per Psych Headz, che non mancherà di ammaliare qualsiasi ascoltatore.