L’essere umano non è il proprio corpo, ma l’entità che usa e governa quel corpo. Il corpo è una sofisticata macchina di sangue, ossa, tessuti e muscoli che afflitta dal passare del tempo, sarà necessario cambiare, abbandonare per trasferirsi ad un altro livello che nessuno conosce.
L’artista non muore ed il grande artista influenza le generazioni a venire, ma tu non sei artista, né grande artista e nemmeno genio. Sei un Grande Genio, l’uomo delle stelle e mi verrebbe da dire sei tornato da dove sei venuto, tu che mai avresti preso un aereo, stressando tutti con interminabili crociere transatlantiche.
Ognuno ha il suo David Bowie da piangere, perché da quando sei apparso sulle scene, hai stregato generazioni e generazioni, fin da quando, sedicenne, per la prima volta alla BBC in veste di presidente e portavoce una fantomatica associazione per la tutela dei diritti dei capelloni. Fin da quando non ancora il London Boy, ma ragazzo nato a Brixton e trasferito a Bromley, all’età di sei anni, sfruttavi le magie apprese alla scuola di Lindsay Kemp esibendoti come mimo ad aprire i concerti dell’altro ragazzo, quello di Wimbledon, Marc Bolan. Dai primi passi incerti completamente hippy con i capelli alla Lauren Bacall, super affascinante e già chiacchieratissimo in città come probabile next big thing. Da quando hai scritto “Andy Warhol” per Dana Gillespie, con la quale l’hai anche interpretata allo show di John Peel e poi Dana fece un provino per sostituire Cherry Vanilla nella piece teatrale “Pork” che stava per essere rappresentata a Londra ed allora Dana ti portò a casa il copione chiedendoti aiuto per imparare le battute e quindi… Il cialtrone copia, l’artista ruba. A quei tempi ancora pochi ti conoscevano. Solo Tony Ingrassia e Lee Black Childers ricordavano una tua foto su Rolling Stones in cui apparivi sgargiante vestito da donna.
Un bel giorno, mentre Cherry Vanilla e Lee Black Childers stavano camminando in Warwick Road ti videro in un manifesto, molto interessante, coi lunghi capelli biondi, sdraiato sul sofà e vestito da donna. Decisero che era il caso di venire a vederti suonare dal vivo.
All’ingresso del Country Club, un infimo locale hippy a Hamspead, Cherry, Leee e Jayne County si spacciarono per inviati di Creem Magazine ed entrarono in questa atmosfera patchouli, con astanti seduti a terra. L’oca giuliva Angie li accolse calorosamente e chiese loro di restare dopo lo spettacolo.
Tu sei uscito con pantaloni azzurri a gamba di elefante esagerata, camicia di cotone bianca, improponibili scarpe gialle lucide, cappello floscio corredato di piuma. Una chitarra acustica che ti sovrastava, Ronno all’elettrica e Rick Wakeman al piano. Hai suonato Hunky Dory, tutto e li hai stesi tutti senza fare prigionieri. Prima di interpretare “Andy Warhol” hai annunciato al pubblico la presenza di alcuni interpreti di Pork invitandoli ad alzarsi per un inchino.
Tony Zanetta e Cherry Vanilla sostengono che tu abbia preso ispirazione per Ziggy da Pork. Chissà. Di sicuro quando sei andato per la prima volta negli States insieme al corsaro, grande fumatore di sigari e spregiudicato manager Tony De Fries, Cherry e Tony li hai reclutati subito per implementare la Main Man.
Ognuno ha il suo David Bowie da piangere. Ziggy, Thin White Duke, quello tipo grande Gatsby. Non io, perché sei stato una presenza costante, quotidiana, nella mia vita e continuerai ad esserlo, in qualsiasi parte del cosmo o altra galassia ti trovi in questo momento.
Tutti hanno un David Bowie da piangere. Gli eletti che hanno potuto assistere all’apertura dei concerti di Ziggy sulle note di “Clockwork Orange” che sfociavano prontamente in indiavolate versioni di “Hang On To Yourself” con simulazione di fellatio. Quelli meno fortunati che ti hanno conosciuto ai tempi di “Let’s Dance” e quelli che conoscono solo i lavori della maturità. Perché hai permeato con la tua aura tutti gli anni in cui hai usato le tue spoglie mortali. Fatalmente non hai potuto continuare a proporre dischi irrepetibili ed impossibili come “The Man”, “Hunky”, “Ziggy”, “Aladdin”, “Station”, “Heroes” e “Low”, ma sei stato sempre presente come riferimento per qualsiasi generazione. Se ora sembra che i giovani continueranno fino alla fine dei tempi ad indossare i calzoni strappati di Iggy Pop del 1969, i giubbotti da motociclista di Marlon Brando, canonizzati dai Ramones, e le scarpe dei Run DMC, per ragioni inspiegabili, simili a quelle della forza di gravità, quando qualsiasi artista si mette l’eyeliner prima di salire sul palco o studia mosse particolarmente teatrali per esprimere i propri sentimenti anche col linguaggio del corpo, ecco, lì ci sei tu. Perché hai cambiato il mondo. Esiste, certamente il mondo prima e dopo i Sex Pistols, ma quando hai rilasciato la famosa, storica, intervista del 1972 a Melody Maker in cui hai affermato che sì, eri consapevole che saresti stato la nuova sensazione musicale, l’artista più importante, ma anche che eri omosessuale hai veramente cambiato tutto. Nulla sarebbe stato più lo stesso.
Hai cambiato i costumi e molti ragazzi, che vivevano male la loro sessualità incerta, hanno avuto la forza di venire fuori assumendo la consapevolezza che anche loro potevano essere protagonisti e che non c’era nulla di male nel non appartenere ai generi sessuali che, diciamo, andavano per la maggiore fino a quel momento. Sei un ragazzo o una ragazza? Tua madre sta andando nei matti perché non capisce se sei una ragazza o un ragazzo. I tuoi capelli ti stanno benissimo, usciamo insieme stasera. La tua faccia è un messaggio. Che quando ero piccolo mi sembrava dicesse “mess” e non “message” ed ancora adesso quando suono “Rebel Rebel” con gli amici canto ancora “mess” (ho appena letto il testo per la prima volta e dice veramente “mess”. Ma che orecchio avevo da bambino!). E lo sanno tutti che mi hai salvato la vita e la salute mentale. Cresciuto a suon di punk e dub ero comunque troppo piccolo per comprenderne i significati e le implicazioni sociali, ma non così piccolo da non subire la forza liberatoria e salvifica di “Rock’n’roll Suicide”. Quando urli “You aren’t alone” è come conoscessi me è migliaia di pre-adolescenti, rivolgendoti a noi per tranquillizzarci, che non siamo quelli strani, che ce ne sono tanti come noi la fuori.
Che importa se poi, nel 1976, hai dichiarato che no, ma quale omosessuale, eri bisessuale. E qualche anno dopo che eri etero e che ti veniva voglia di ragazzi solo quando eri in Giappone dove era quasi impossibile resistere a quei bei ragazzi che poi diventavano samurai. Certo che eri un bel provocatore e sapevi usarla stampa, eh? Come quando di ritorno dal viaggio un U.S.S.R, con Iggy, ti sei fatto immortalare di fronte a Victoria Station, in piedi su una Mercedes Benz bianca a fare il saluto nazista. E lì giù polemiche, scandalo pazzesco. Proprio tu che hai fatto un casino che MTV non trasmetteva abbastanza video di artisti di colore e poi ti sei sposato con Iman che ti ha dato due figli che non definirei proprio ariani.
Hai scritto capolavori in quantità industriale ed è pazzesco, perché nessuno mai è riuscito a mantenere un livello divino per tutti quegli anni, una creatività terrificante per circa dodici anni. Forse tale abbagliante talento compositivo ha fatto trascurare la tua altrettanto, fantastica capacità interpretativa. Una classe simile a Sinatra, ma un estensione armonica, una capacità di modulazione melodica, una gamma talmente estesa da sbaragliare Elvis, Mel Tormè, Roger Chapman ed il Peter Gabriel dei Genesis.
Sei l’essenza dell’Inglesità, , con un sense of humor incredibile e non te la sei mai tirata “Ma come? Lavori ancora a MTV? Non ci credo, un ragazzo sveglio come te?” E giù risate ogni volta. Professionista incredibile hai fatto diventare matto Iggy Pop. “Aspetta Jim, lasciami lavorare ancora un attimo su questi accordi. C’è tempo per andare a divertirsi.” Sempre lo stesso impegno sia che ti esibissi di fronte a 300 o 30.000 spettatori.
Generoso oltre qualsiasi capacità d’immaginazione. Quando la RCA ti ha mandato per la prima volta negli States, a preparare il terreno per il tuo imminente primo tour, hai fatto il panico, i numeri a colori. Hai conosciuto tutti i tuoi idoli, dalle Dolls a Lou a Iggy, elargendo denaro a tutti, pagando loro conti esorbitanti ed ingaggiando Stooges e Lou portandoteli a tue spese a Londra per fare ripartire le loro carriere. Il tutto senza pensare al ritorno monetario, perché a parte De Fries, tutti sapevano che dal punto di vista del guadagno erano cause perse fin dalla partenza, ma a te interessava il profilo artistico e di soldi ne avevi in quantità infinità, poiché eri la gallina dalle uova d’oro della RCA e De Fries era molto, molto convincente nel farsi sganciare delle belle sterline.
Iggy Pop te lo sei portato a vivere a Berlino pagandogli l’affitto (vabbè, casa senza acqua calda, ma non si può avere tutto e comunque Iggy è stato contento tanto da sostenere fosse corroborante una buona doccia fredda la mattina, nell’inverno berlinese), pagando droghe, gelati, cene ed i night club dove facevate a gara per portare a casa le drag queen più belle.
Mi piace da morire quella foto incredibile con te ed Iggy con lo stesso Bomber, vestiti uguale, che sembrate due inseparabili, ed entrambi ridete e tu sei talmente contento e radioso, che si vede ti piace dare tutto per le persone a cui vuoi bene, per il semplice piacere di dare. Generoso oltre ogni limite.
Hai avuto anche il tuo periodo buio, come no. Quasi quindici anni di tossicodipendenza veramente strana per un maniaco del controllo quale sei. Nella tragicità della situazione mi piace ricordare quell’episodio esilarante di quando andasti a trovare Iggy al manicomio di Los Angeles. Ricordi? Il Dr. Murray gli aveva appena diagnosticato la sindrome bipolare e lui stava sforzandosi di uscire dalla sua di tossicodipendenza ed era a buon punto. Era tornato essere un gran burlone e magnifico affabulatore che affascinava tutti gli altri malati del manicomio. Era il periodo in cui lavoravi per “l’uomo che cadde” ed eri bellissimo ed anoressico. Si entrato dentro al manicomio, vestito da astronauta accompagnato da Harry Dean Stanton. Appena dentro tutti i pazienti son diventati ancora più matti ed il personale medico a stento si distingueva dai malati. Tu sei stato amabile con tutti come al solito e poi ti sei appartato con Iggy che ti ha raccontato quanto fosse entusiasta del fatto che stava uscendo da quella scimmia maledetta e tu eri talmente fuori dalla realtà che gli chiedesti: “vuoi un po’ di cocaina?”
Ti piaceva parlare della morte come quasi volerla esorcizzare ed in tutti i film volevi sempre che il tuo personaggio morisse alla fine. Solo quello t’interessava, tanto da accettare un ruolo in un film inguardabile del regista italiano Giovanni Veronesi, “Il mio West”. Quando hai saputo che il tuo personaggio sarebbe morto hai accettato senza indugio per un compenso di soli 100.000,00 dollari, praticamente pro-bono. Non hai fatto bizze da prima donna chiedendo solamente che nel raggio di quattro chilometri dalla tua casa in Maremma non ci fossero cani e sei stato un attore perfetto. Non hai fatto storie per il costume chiedendo solo fosse aggiunta una piuma sul cappello (ma che è quest’ossessione per le piume sul cappello?) e sei stato buono, buono anche quando quello stronzo di Harvey Keitel, lui dell’Actor Studio, che doveva provare le battute, non ha voluto farle con un assistente qualunque, ma ha insistito per farle con te, perché tu eri in quella scena, che all’Actor Studio t’insegnano così, e tu hai detto no, non che ho quaranta di febbre, ma lui ha insistito talmente che alla fine hai accettato e ti sei piazzato di fronte al lui, ammalatissimo, a sentire cazzate fino alle 4.30 del mattino.
Indossa il tuo casco e prendi le pillole proteiche che il conto alla rovescia sta per cominciare Maggiore David. Te ne sei andato ed hai lasciato un sacco di gente nella disperazione totale. Chissà dove sei adesso e soprattutto se riesci a vedere il Pianeta Terra da lassù e se ti sembra veramente ancora diverso.
Non te ne sei mai andato.