Charlie Hilton, in questa sua prima vacanza dai Blouse, abbandona il sound marcatamente new wave, sul quale si focalizza la ricerca del trio di Portland, in favore di una maggiore rilassatezza ed introspezione. I ritmi sono meno spigolosi e la produzione, completamente analogica di Jacob Portrait, della Unknown Mortal Orchestra, sembra perfetta per valorizzare i registri più dreamy della voce di Charlie. Il titolo è il termine sanscrito che indica “protezione”, un nome che le è stato dato dai genitori hippy e, come dice lei stessa, riflette il proprio mantra di natura di spirito libero, “l’essere umano non è una forma definita e durevole… ma un esperimento, una transizione”.
Il disco esce per la stellare Captured Tracks e proprio il compare di etichetta, lo svalvolato più amato, mister eccentricità Mac DeMarco, collabora all’ultima traccia dell’album intitolata “100 Million”, un piccolo gioiellino acustico pieno di nostalgia ed infarcito di armonie vocali melanconiche. E’ anche l’unica traccia non prodotta da Portrait, ma dal Woods Jarvis Taveniere, che riesce quasi a disegnare un acquarello del grazioso ed accorato stile vocale della Hilton.
Il disco trasuda della ricerca di paesaggi sonori non completamente delineati, come avvolti in una piacevole nebbia il cui cordone ombelicale è formato da synth spaziali e chitarre fuggevoli che sovraintendono la creazione di una serie di esperimenti con strutture minime ed immediate il cui risultato è morbido, invitante e trippy. Si tratta di un lavoro moderatamente originale, che attinge da influenze Psych-Folk anni Sessanta, psichedelia anni Settanta ed una piccola spruzzata di sapori new wave anni Ottanta.
“Something for Us All” è delirio di sussurrato anacronismo, simile all’indolenza dei primissimi Lotus Eaters, ma con il viaggio che muta, ben presto, nel perdersi all’interno delle corde della chitarra accarezzate dolcemente. Lo special di synth riporta a territori alternative a stelle e strisce dominato, sempre dalle melodie sinuose della voce di Charlie.
“Let’s Go to a Party” è pura avvolgente e disperata voce Nico-esque che si libra su canali di charme retro-futuribile con l’urgenza di synth psichedelici e le percussioni ascoltate nelle notti di free festival, nei boschi vicino a spiagge solitarie.
“Palana” è un album di psichedelia gentile ed eterea, che a volte si fa più consistente nell’inseguire armonie oblique. Un album di musica affascinante, con spruzzate di elettronica lo-fi di altri tempi, che sfiora derive bucoliche, con il santino di Nico che fa capolino ogniqualvolta appare la viola o le note del pianoforte si fanno insistenti ed errabonde. Melodie che a volte si arrampicano su sax sfuggenti e poco altro, con la batteria ridotta e ticchettio delle bacchette sui piatti.
Disco ammaliante.