
IL SALVA-BANCHE. Questo romanzo di E.C. Tubb, pure avendo una ambientazione tipicamente fantascientifica e per molti aspetti surreale e poco verosimile, dato che ci propone nella pratica il possibile passaggio attraverso delle ‘Porte’ tra quelle che sono nella pratica diverse dimensioni temporali, propone in verità tutta una serie di tematiche che invitano a riflessioni non solo per quella che è la situazione della nostra società contemporanea, ma pure quello che è il nostro atteggiamento, quello del singolo in relazione alla vita e al mondo che ci circonda.
In particolare la lettura di questo romanzo è coincisa con quello che è il tema politico più dibattuto di questi giorni nel nostro paese e che riguarda quello che è stato definito decreto salva-banche e con il quale il governo avrebbe approvato quelle che sono norme procedimentali volte ad agevolare la tempestività ed efficace implementazione delle procedure di risoluzione di quattro banche e casse di risparmio del nostro paese, dando queste modo di dare continuità all’attività creditizia, garantendo particolari tutele per tutti i correntisti. Cercando di spiegare a me stesso prima che agli altri in cosa consista questo provvedimento, potremmo concludere che il provvedimento legislativo mira praticamente a salvare le attività in sofferenza di queste quattro branche con un intervento di copertura diretto da parte della Banca d’Italia. Al centro della polemica, oltre il presunto favoritismo nei confronti delle banche e in particolare per quello che riguarda il coinvolgimento diretto di parenti del ministro Maria Elena Boschi, ci sarebbe la mancata salvaguardia di una categoria di investitori, che avrebbero investito obbligazioni emesse dalla banca e che, a causa della mancata copertura di queste, si sarebbero praticamente ritrovati in fallimento. Emblematico in tal senso il caso del 68enne di Civitavecchia, Luigino D’Angelo, suicidatosi dopo aver perso a causa di una di queste operazioni tutti i suoi risparmi.
Al di là della vicenda personale del signor D’Angelo, cui va tutta la mia solidarietà oltre che il mio rispetto per tutte quelle che sono le persone che gli erano vicine e i familiari, è evidente che questo ulteriore caso pone nuovamente al centro quella che è la questione finanziaria e che è stata tra le cause poi della crisi del 2008, i cui effetti si fanno sentire ancora oggi pesantemente e in particolare su tutta quella che è l’Unione Europea, oggettivamente impreparata economicamente e politicamente a affrontare con decisione questa situazione.
LE POLITICHE D’AUSTERITÀ. Perché tuttavia parlare del decreto salva-banche relativamente questo romanzo di E.C. Tubb. Presto detto. Come gli abitanti del pianeta Terra protagonisti di questo breve romanzo sci-fi attendono pazientemente l’intervento dei Kaltich per cinquant’anni e in una maniera assolutamente passiva, frenando quella che può essere ogni spinta produttiva e/o all’innovazione scientifica, allo stesso modo possiamo riscontrare diffusamente nel sistema economico occidentale un qualche atteggiamento che pure se per ragioni sostanzialmente diverse (del resto che io sappia non ci sono Porte di nessun tipo), presenti delle caratteristiche che non sono dissimili.
Non mi piace tirare in ballo teorie della cospirazione e parlare di complotti e di caste, sistemi che ci comanderebbero dall’alto e grossi gruppi di potere occulti che regolino la nostra esistenza. Al contrario rivendico comunque la possibilità da parte di ciascuno, a partire da quelle che sono le proprie manifestazioni e atti individuali, di poter decidere comunque arbitrariamente per se stesso. Allo stesso tempo è indubbio che parte del nostro sistema economico oggi si regge su dei meccanismi che sono chiaramente alterati e che sono alla fine solo apparentemente tenuti in piedi in nome di un benessere più grande e i cui effetti si dovrebbero vedere solo nel tempo futuro.
Questa politica volta all’austerità in Europa ha chiaramente fallito, dove austerità significa potere finanziario e nessuna spinta a quello che è l’investimento e la ripresa delle attività produttive. Che poi sono quelle che rendono tali, che danno una qualche sublimazione dell’esistenza dei singoli individui e delle società in cui viviamo.
No, non ci sono dei Kaltich che ci minacciano dall’alto delle loro superiori conoscenze scientifiche, ma la nostra Terra somiglia veramente un sacco a quella che ci racconta E.C. Tubb e questo a partire da quello che è l’innalzamento dell’età media. Viviamo in una società vecchia, ma non solo sul piano anagrafico quanto anche nello spirito, e profondamente conservativa. Una situazione che del resto non fa altro che agevolare il mercato finanziario e dove chi ha i soldi è evidente che ritiene molto più produttivo non investirli in quelle che sono attività produttive e che per loro caratteristica strutturale comportano quello che nel campo dell’imprenditoria viene definito, ‘rischio’.
I KALTICH. Ma ritorniamo al romanzo di E.C. Tubb. Chi sono i Kaltich? Bella domanda. Apparentemente, questa razza superiore che poi è così tanto uguale a quella umana e di cui presenta esattamente le stesse identiche caratteristiche, questi sarebbero degli alieni provenienti da un altro mondo e in possesso di tecnologie avanzate. Questi tengono sotto scacco la popolazione del pianeta Terra che al solito è sovrappollata e attraversa quella che è una crisi economica globale oltre che sociale e strutturale e persino morale, promettendo loro, in cambio di servigi e di trattamenti di favore estremizzati al punto da fare dei terrestri una specie di schiavi, il passaggio attraverso queste ‘porte’ in quelli che sono altri mondi pieni di risorse di ogni genere e dove ci saranno spazio e possibilità per tutti.
Chiaramente con il passare degli anni, cinquanta, la faccenda comincia a puzzare o quantomeno si crea una certa opposizione a quello che è l’atteggiamento dominante di sottomissione alla supremazia Kaltich. In particolare si creano due schieramenti. Da una parte c’è l’ONU, che assume un atteggiamento di tipo diplomatico e cerca di salvaguardare in tutti i modi il rapporto con i Kaltich, chiedendo continui e ripetuti sacrifici sempre più elevati alla popolazione mondiale, promettendo loro in cambio un prolungamento della giovinezza, grazie alla sviluppata tecnologia degli ‘alieni’. Dall’altra vi è invece il proliferare di associazioni che si oppongono ai Kaltich e che intendono non solo superare questo rapporto di dipendenza, ma impadronirsi delle tecnologie avanzate, dove sulla Terra vi è praticamente un blocco totale per quello che riguarda la ricerca scientifica e lo sviluppo tecnologico, e allo stesso tempo avere libero accesso alle ‘porte’ per poter raggiungere questi meravigliosi pianeti vergini e incontaminati, che una volta colonizzati potrebbero dare libero sfogo e un nuovo slancio alla crescita della società terrestre.
Il protagonista delle vicende raccontate dal romanzo è Martin Preston, agente della STAR, la principale associazione del pianeta Terra che si propone di ribaltare la sudditanza dai Kaltich, e che diventerà nella pratica il primo terrestre a varcare la soglia di una delle ‘porte’ e viaggiare attraverso queste proprio come i Kaltich, scoprendo sulla sua stessa pelle che alla fine non esistono mondi perfetti e non esistono neppure mondi incontaminati, ma solo modalità differenti di vedere la stessa cosa e che alla fine l’unica via verso una emancipazione sta proprio nell’acquisire da sé le capacità necessarie. Se necessario, anche sperimentando su se stessi quelli che possono essere gli effetti negativi di ogni tentativo di ricerca.
IL DISSENSO AI GIORNI NOSTRI. Nel mezzo tra i due schieramenti e tra le due visioni ‘politiche’, vi è quella che E.C. Tubb definisce come la ‘folla’. C’è una scena raccontata proprio nelle prime pagine del romanzo, in cui questa tiene sotto scacco la città, una specie di assedio di questa folla tumultuosa e in protesta, che manifesta animosamente contro il sistema economico vigente e in una maniera che valica i limiti del vandalismo, fino a diventare in qualche modo delinquenza di gruppo, associazione a delinquere. Se in campo fantascientifico mi è venuto da pensare ai disperati che di notte emergono dalle fogne nella New York diventata un carcere di massima sicurezza in un film di John Carpenter, all’atto pratico questo tipo di manifestazioni trova sicuramente un corrispettivo in quelle che possono essere le posizioni più estreme di gruppi che si definiscono come anarchici, ma che comunque non è che abbiano poi chissà quanto a che fare con il povero Bakunin, e che possono essere di destra oppure di sinistra.
Allo stesso tempo in questi gruppi emergono tutte quelle che sono delle contraddizioni e che sono in qualche modo tipiche del dissenso. E.C. Tubb ce li presenta, ci presenta questi rappresentanti della ‘folla’ come privi di qualsiasi coscienza sociale e ce li mostra muoversi inconsapevoli e comportarsi ora come dei selvaggi, ora come dei ragazzini viziati. Segni di una civiltà allo sbando e dove mancano riferimento di tipo politico saldi. Anche perché va considerato che l’orientamento generale è quello che viene dato dall’ONU e che associazioni come la STAR costituiscono comunque qualche cosa che, pure se non illegale formalmente, agisce in maniera sotterranea, consapevole di avere una politica vista in maniera negativa dai Kaltich e di conseguenza dalla maggioranza dell’opinione pubblica.
Chiaramente all’interno dei gruppi di dissenso non mancano quelli che sono degli infiltrati, così come succede lo stesso in tutte le associazioni e in tutte le parti in gioco, in modo tale che in questa storia non manchi quell’elemento tipico poliziesco e allo stesso tempo di spy-story che dà a questo romanzo di space-fantasy e d’avventura e a tratti anche con dei connotati dove viene mostrato un certo ‘humour’, anche delle venature di giallo.
UNA SCI-FI INTELLIGENTE. Ci troviamo in definitiva al cospetto di un romanzo sci-fi che definirei finalmente intelligente e dove pure senza assumere tonalità che potrebbero risultare pesanti e che potrebbero in qualche modo rendere difficile la lettura, offrono al lettore spunti di riflessione che esulano la storia raccontata e lo tengono sospeso tra la narrazione e la lettura dei fatti di fantascienza e la realtà che lo circonda. Proprio in questo senso allora possiamo dare un nuovo senso alle porte di cui parla E.C. Tubb e dare un senso anche in qualche modo illuminante alla frase della quarta di copertina dove viene giustamente segnalato che nessuno, oltre proprio lo scrittore, sa che cosa si celi dietro questi fantascientifici portali.
Il fatto è che al solito, quando ci troviamo dinanzi a un’opera come questa, possiamo assumere lo stesso atteggiamento che definirei anche propositivo, che possiamo assumere quando contempliamo un quadro oppure un’opera d’arte di qualsiasi tipo. Ognuna di queste in effetti costituisce una specie di porta tra quello che è il messaggio e il contenuto che ci vuole trasmettere l’autore e quello differente che ognuno di noi arriva a elaborare e successivamente rielaborare, metabolizzare e acquisire come proprio patrimonio di conoscenze e di esperienze cognitive.
Chi lo sa allora che cosa ci voleva raccontare E.C. Tubb. Quello che è certo è che la sua storia, quella che ci racconta ne, ‘Il segreto delle porte spaziali’ (questo è il titolo tradotto in italiano del romanzo), è e resterà per queste sue caratteristiche che lasciano spazio all’interpretrazione più o meno sapiente del lettore, che potrebbe del resto anche voler solo godere di quello che sarebbe puro e semplice intrattenimento, e perché no del resto, un classico della fantascienza e qualche cosa di sempre attuale anche se è stato scritto oramai quarantacinque anni fa. Del resto non è che da allora ad oggi sia cambiato molto. Le porte non sono ancora state aperte.
Quotes.
1. – Vogliamo qualcosa di speciale – spiegò. – Qualcosa di unico, tipico di questo mondo. Da tenere come ricordo. Cosa puoi proporci?
– Molte cose, signore – Denbow respirò a fondo per riacquistare il controllo. Un’occasione del genere poteva non capitargli mai più. Non doveva assolutamente perderla. – Qualcosa di personale, signore? Un ornamento? Anelli, forse? – suggerì. – Ho parecchi anelli provenienti dalla collezione dei Borgia. Erano famosi avvelenatori. – spiegò. – E gli anelli erano costruiti in modo che potessero contenere polveri velenose. – Ne prese uno, sollevandolo perché la luce lo illuminasse. – Si tratta di un oggetto molto raro, di grande valore.
– Abbiamo visto di meglio su 2204 – disse il ‘ragazzo’.
– E anche su 5207 – aggiunse la bambina.
Denbow capì, guardando gli adulti, che l’anello dei Borgia non li interessava. Mise in fretta l’anello, prese un arazzo cinese.
– 729 – disse il ragazzo.
– Sì – disse la bambina. – E questo a paragone è solo uno straccio sporco.
L’antiquario mostrò una testa di donna, in marmo.
– Questa testa ha settemila anni – mentì – E raffigura Elena di Troia. Questa scultura ha una storia eccezionale: pensate che venne ricavata da un blocco di alabastro da uno dei suoi ammiratori. E, notate ben, senza strumenti, poiché aveva fatto voto agli dei di non contaminare la bellezza di lei usando strumenti inanimati. E così fece questa opera d’arte usando esclusivamente le unghie e, forse, i denti.
– E perché? – chiese l’aliena senza grande interesse.
– Perché, signora? Per amore. Perché credeva che i suoi sforzi le avrebbero toccato il cuore. Ma – aggiunse contrito – faticò invano.
– Come fate a sapere tutte queste cose? – chiese il ragazzo.
– Abbiamo i nostri metodi – rispose Denbow, e cambiò subito discorso. – Qualcosa di unico, avete detto; uhm, lasciatemi pensare – disse per prendere tempo. Cosa diavolo poteva far loro vedere che non avessero già visto su qualche altro mondo? Per disperazione, decise di rischiare. Dopotutto, sembravano umani. – Penso di avere l’oggetto adatto, signore. – E, esitando: – Potrei dirvi una parola in disparte, signore?
– Che c’è? – Denbow gli sussurrò qualcosa all’orecchio. L’alieno scoppiò a ridere. – Perché no? Falla vedere.
Cinquanta minuti dopo, finito lo spuntino con tè per la signora, whisky per il signore e biscotti per i signorini, i Kaltich se ne andarono lasciando Denbow molto più ricco e felice di prima.
Chi l’avrebbe mai creduto? Vendere a un Kaltich una cintura di castità. ‘Come volevasi dimostrare’ penso Denbow, ‘un buon venditore riesce a vendere qualsiasi cosa’. C’era anche dell’altro, però. Chi l’avrebbe mai detto che erano umani fino a quel punto?
2. – Venite qui spesso? – chiese.
– Non spesso.
Maddule bevve un sorso di brandy, annu mostrando la sua approvazione. – Tranne i bisonti, 1576 non offre grandi cose. Sono bersagli facili, se vi piace cacciare in questo modo. Ma per una grande caccia come si deve dovreste provare su 382. Ci sono ancora i dinosauri – spiegò. – Creature enormi e feroci con un cervello grande come una noce. Ci vogliono i fucili a razzo per buttarli giù. – Alzò il bicchiere. – Alla vostra salute!
Bevvero.
– Ma se volete cimentarvi con qualcosa di davvero pericoloso, dovete andare su 891 – continuò Maddule riempiendo di nuovo i bicchieri. – Ci sono insetti veramente giganteschi. Certi ragni sono grossi come un cavallo e le vespe grandi come avvoltoi. Esperienze che non si dimenticano. Alla salute!
3. La scena era ambientata in Europa. Si parlava di Austria, Francia, Inghilterra, Germania. L’azione si svolgeva a Vienna. Il protagonista era un ometto eccitabile di nome Ignaz Phillip Semmelweis; aveva, nel dramma, il ruolo che poteva avere Cristo in una sacra rappresentazione medievale. Era il redentore, il portatore della verità, colui che apre la via.
‘Il che’, pensò Preston, ‘era abbastanza vero.’ Nel 1847 Semmelweis era giunto alla conclusione che, nella pratica medica, la pulizia era essenziale. Senza conoscere l’esistenza dei microbi, era convinto che le malattie potessero essere trasmesse dai corpi morti a quelli vivi, dai malati ai sani. A ciò proponeva un semplice rimedio: che tutti, medici e assistenti, dovessero lavarsi le mani con acqua clorata prima e dopo ogni intervento sul paziente. La validità del rimedio era confermata dall’incredibile diminuzione del tasso di mortalità nel suo ospedale.
‘Una cosa istintiva: prima di toccare qualcosa bisogna lavarsi le mani.’ Ma Semmelweis era stato crudelmente deriso da tutti i medici famosi del suo tempo.
‘Trent’anni’ pensò Preston osservando lo schermo. ‘Trent’anni sprecati prima che la scoperta di Semmelweis, alla luce delle nuove conscenze, venisse accettata da tutti. Trent’anni: ma faceva molta differenza? Forse’, si disse. ‘La civiltà occidentale si trovava sull’orlo del progresso scientifico accelerato: era un periodo in cui ogni giorno si faceva una nuova scoperta, in cui gli orizzonti della mente si allargavano. E se ricchezze ed entusiasmi fossero stati indirizzati nel campo della medicina, cosa sarebbe successo? Che progressi si sarebbero fatti? Ma nessuno diede retta a Sommelweis, e i trent’anni andarono sprecati. Quanti geni erano morti sui tavoli operatori sporchi, nelle sale parto piene di sporcizia?’
4. – Sai benissimo come stanno le cose: siamo divisi. Una parte di noi vuole la libertà, l’altra ciò che ci offrono i Kaltich. Anche noi del MO.TE.L. siamo divisi.
‘Come la STAR e l’ONU’ pensò Preston con tristezza. ‘Come qualsiasi altro movimento. Forse è un bene: se tutti la pensassimo allo stesso modo, dove andremmo a finire? Sotto’ pensò. ‘Sotto questo o quest’altro, ma sotto.’
5. – Vuoi sfidare i Kaltich?
‘Sii remissivo, e ti tratteranno sempre da servo’ aveva detto Nader. – Sì – rispose serenamente Chung Hooo. – Se rifiutarsi di fare tutto quello che vi garba significa sfidarvi, ebbene, è così. A proposito – aggiunse con grande gentilezza – cosa fareste, in questo caso?
– Farò chiudere tutte le Porte! i vostri capi moriranno, e insieme a loro moriranno tutti i vecchi e i malati! Vi toglierò il trattamento di longevità! Niente…- s’interruppe di colpo scorgendo l’espressione del suo interlocutore. – Non te ne importa niente? Ma…
– No, non me ne importa nulla se i vecchi e i malati moriranno. Anzi – aggiunse guardando il grafico. – credo che fareste un gran favore alla Terra.
– Ma tu sei matto! Completamente pazzo!
‘Forse’ pensò Chung Hoo. ‘Nessun uomo politico può permettersi di provare dei sentimenti.’