
Gli amici della Fuzz Club Records si confermano una delle etichette più all’avanguardia del momento con la pubblicazione del disco d’esordio di questo gruppo portoghese, che è semplicemente fantastico.
I 10,000 Russos (‘dez mil russos’) sono un trio composto da Joao Pimento (batteria e voce), Pedro Pestana (chitarra) e André Couto (chitarra basso). La band si forma nel 2012 a Porto, che per chi scrive è la città più affascinante dell’intero continente. In bilico tra un modernismo che definirei di tardo secolo milleottocento/inizio millenovecento e il cui emblema è il ponte Dom Luis I (del resto Oporto è celebre anche come la ‘città dei ponti’), costruito da Théophile Serying, ingegnere belga e allievo di Gustave Eiffel, e l’architettura più tradizionle del centro antico della città, che si arrampica fin sopra alla collina, dominata dai verdi parchi regali e poi discende giù a valle fino al fiume Douro, dove tutto diviene pittoresco e gli stretti vicoli della città odorano di mare e di vino rosso e l’atmosfera diviene in qualche modo piratesca e persa tra le nebbie del tempo. Come se non bastasse, la città si estende poi in lunghezza fino alle rive dell’Oceano Atlantico, incrociando lungo le grandi e ampie strade, eredità delle monarchie che hanno regnato sulla penisola lusitana, le diverse influenze dei regni europei (francesi in particolare) e d’Inghilterra.
Ci sono molti contenuti di conseguenza in questa città che per la verità non è esattamente una metropoli dato che vanta poco meno di 250.000 abitanti, ma che costituisce comunque uno dei centri più rilevanti culturalmente e strategicamente sulla costa atlantica. Ma questo dato non è casuale. Del resto il nome stesso della città spiega come questa sia una città sostanzialmente di mare, un ‘porto’ appunto, storicamente e nei secoli punto di approdo di genti e di diverse culture. Un punto dove si è incrociata la storia e dove questa tensione millenaria te la senti addosso e sulla pelle.
La città è un vecchio porto di mare, dove si mescolano centinaia di anni di storia dell’uomo e dove il silenzio è solo apparente. Se chiudete gli occhi infatti potete sentire l’oceano e il caos e la confusione, il suono e il fragore di popoli e di genti e di lingue da ogni parte del mondo. Oporto è la Babilonia dell’Atlantico, un melting-pot fatto di colori e soprattutto di suoni e probabilmente non c’è nessuna musica più adatta oggi come oggi a descrivere tutto questo di quella che suonano i 10,000 Russos.
La band ha registrato questo disco in un centro commerciale abbandonato e illuminato solo dalle lampadine cinesi di delle lampade Ikea. E non poteva esserci una location più adatta, un contesto più rituale e tenebroso a ospitare questa idea di suono che è concentrata in poco più di quaranta minuti di ascolto, ma che praticamente non ha un inizio e non ha una fine; a esorcizzare tutta questa storia e di conseguenza tutti questi suoni che non potevano che essere sublimati allora in una composizione dronica multidimensionale.
Qualche riferimento? ‘Barreira’ e ‘Karl Burns’ suonano tipicamente Fuzz Club. L’accostamento a Sonic Jesus e ai maestri Singapore Sling è inevitabile. Ma i 10,000 Russos rispetto a queste altre due band travalicano in molti punti quella che è la forma canzone. Le tracce del disco sono in effetti delle vere e proprie composizioni di avanguardia sotterranea. Il disco è un puzzle sonoro che può essere modulato e messo assieme in diversi modi, ottenendo tutte le volte un effetto gradito. ‘Baden Baden Baden’ è un brano quasi kraut nel perfetto stile di Michael Rother e dell’indimenticato Klaus Dinger, reminiscenze del sound della band di Dusseldorf sono rinvenibili anche in ‘Usvsus’ e in ‘Stakhanovets/Kalumets’ che praticamente è un brano degli La Dusseldorf messo dentro una lavatrice che gira a una velocità supersonica. Suoni di chitarra distorta e fuzz, feedback interminabili messi dentro uno shakeratore. Non esagero infine se dico che vi sono altresì richiami al sound più sperimentale e quasi industrial de gli Einsturzende Neubauten in quella che è una specie di teatralità, che senza scadere in qualche cosa che diviene a tratti troppo pretestuoso e aggiungerei pure presuntuoso e con velleità intellettuali, richiama la band di Blixa Bargeld e Alexander Hacke. Dominano su tutto chiaramente l’elemento noise e la componente dronica, quasi elettrodomestica. Cioè al servizio dell’uomo e di tutta l’umanità: siamo tutti casalinghi, alè! Che dire, il richiamo alla lavatrice evidentemente non era casuale.
Più una specie di bombardiere comunque, facciamo un Boeing B-17 Flying Fortress della United States Army Air Forces impegnato nell’Operazione Pointblank, che una bomba vera e propria.